“Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto”: è la frase che Romolo Ridosso, uno dei quattro arrestati per l’omicidio, avrebbe pronunciato dopo avere parlato davanti alla sua abitazione di Lettere (Napoli) con il carabiniere Lazzaro Cioffi, giunto con un’altra persona a bordo un suv nero. L’episodio, riferito alcuni anni dopo dalla convivente di Ridosso, risale al settembre del 2010, subito dopo l’omicidio. Per gli inquirenti a quell’incontro – durante il quale si sarebbe parlato proprio della morte di Vassallo – avrebbero preso parte Lazzaro Cioffi e anche Giuseppe Cipriano, entrambi arrestati oggi.
Angelo Vassallo era venuto a conoscenza di un grosso traffico di stupefacenti gestito da soggetti vicini alla criminalità organizzata. Riteneva che fossero coinvolti degli insospettabili, come l’ufficiale dei carabinieri Fabio Cagnazzo – all’epoca comandante del nucleo investigativo di Castello di Cisterna – e degli imprenditori cilentani, ed era intenzionato a denunciare tutto. Ci sarebbe questo, come ricostruisce la procura di Salerno, alla base dell’omicidio del sindaco pescatore di Pollica, ammazzato la sera del 5 settembre 2010, tra le 21:10 e le 21:12, orario in cui, mentre era in auto, fu raggiunto da nove colpi d’arma da fuoco che ne causarono la morte. Oggi quattro persone, incluso Cagnazzo, sono state arrestate per concorso in omicidio.
Vassallo – questa la tesi della procura – sapeva che la droga raggiungeva la cittadina cilentana via mare, trasportata da barche che attraccavano nel porto della frazione di Acciaroli, per poi essere stoccata in un deposito. Dal 20 agosto, quindi, aveva iniziato a pattugliare il molo e controllare i gestori dei locali della movida acciarolese, arrivando a prospettare chiusure e limitazioni delle attività commerciali. Il sindaco, pur avendo manifestato timore per la propria incolumità, aveva contattato il procuratore di Vallo della Lucania Alfredo Greco e il comandante della stazione dei carabinieri di Agropoli Raffaele Annichiarico, a cui avrebbe dovuto riferire i fatti.
Altri due soggetti raggiunti oggi dalla misura della custodia cautelare in carcere, l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, all’epoca in servizio a Castello di Cisterna, e l’imprenditore Giuseppe Cipriano, oltre a Cagnazzo, risulterebbero coinvolti nella “grossa attività di traffico di stupefacenti” avviata nell’estate del 2010 a Pollica.
Le indagini non avrebbero permesso di individuare gli esecutori materiali del delitto, ma ne è stata ricostruita la fase organizzativa, con due sopralluoghi effettuati nell’estate del 2010 sia nei pressi dell’abitazione dell’allora sindaco sia in un luogo dove erano presenti telecamere di sorveglianza.
Determinante nello sviluppo delle indagini anche la “minuziosa, articolata e dettagliata” attività di depistaggio avviata dall’ufficiale dei carabinieri Fabio Cagnazzo (già comandante del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, finito oggi in carcere) subito dopo il delitto. L’obiettivo, sostiene la procura, era quello di trovare un “perfetto colpevole”: Bruno Humberto Damiani, detto “Il Brasiliano”. Per anni le indagini si sono concentrate su questa falsa pista, invece Damiani è risultato totalmente estraneo all’omicidio.
Cagnazzo fu tra i primi, dopo la scoperta del cadavere di Vassallo, a recarsi sul luogo del delitto. Il carabiniere, poi, raggiunse un esercizio commerciale, visionando le immagini delle telecamere di videosorveglianza che riprendevano i movimenti del “Brasiliano” negli ultimi attimi di vita del sindaco e trasmettendo alla procura di Salerno un cd e delle foto che ritraevano solo le immagini del ‘suo’ sospettato – e non altre, che avrebbero potuto smentire la pista del “colpevole perfetto” confezionata da Cagnazzo.
Gli indagati – come risulta dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Salerno – si sarebbero mostrati in grado di realizzare, “in piena sinergia e con l’apporto di soggetti ancora da identificarsi”, un piano delittuoso che conduceva a una “vera e propria esecuzione” del sindaco di Pollica, colpevole di aver tentato di “interferire nelle loro remunerative attività criminali”.
Riconosciute una “peculiare abilità” e una “notevole pervicacia”, sintomatiche di un totale “disprezzo per la vita umana” e una “non trascurabile vicinanza ad ambienti criminali di notevole spessore”, nonostante “l’apparenza”, cioè l’appartenenza all’Arma di Cioffi e Cagnazzo.
Cioffi, in particolare, indicato come “intraneo” all’associazione dedita al traffico di stupefacenti diretta da Maurelli e un’altra figura legata alla criminalità organizzata, Giovanni Cafiero, si sarebbe anche adoperato per due sopralluoghi effettuati prima dell’attuazione del piano omicida, prendendo parte personalmente ad almeno una perlustrazione, insieme a Cipriano. Cagnazzo si sarebbe adoperato per depistare le indagini, “manipolando fonti di prova” per avvalorare altre tesi investigative. Avrebbe così “protetto le pericolose attività illecite esistenti sul territorio”, anche nel tentativo di “nascondere il proprio coinvolgimento e le relative conseguenze alla sua carriera”.
La procura rileva che sarebbe stata anche ordita una “abile opera di condizionamento psicologico” dei familiari di Vassallo e una “manipolazione della percezione collettiva del contesto sociale” verso la convinzione della colpevolezza di Damiani. La falsa pista del “Brasiliano” avrebbe così, per anni, “sviato i sospetti” dai veri responsabili.
Fondazione Vassallo: ‘E’ l’inizio, ora ispezioni in Comune’
“La nostra determinazione è stata ripagata dall’incontro con il procuratore Giuseppe Borrelli, che ha creduto in questo filone di indagine, portandoci finalmente alle prime svolte concrete in una vicenda drammatica che ha segnato la nostra famiglia e tutto il Cilento”. Lo sottolineano, in una nota, Dario e Massimo Vassallo, presidente e vice presidente della Fondazione Angelo Vassallo nonché fratelli del sindaco ucciso. E aggiungono: “Siamo solo alle battute iniziali di una tragedia che ha sconvolto il territorio e per la quale chiediamo giustizia piena”. Tra i quattro arrestati ci sono anche due carabinieri “a conferma della pista che la Fondazione ha perseguito dal 2011”. A fronte di queste novità, la Fondazione chiede ufficialmente al ministro dell’Interno “di disporre un’ispezione urgente presso il Comune di Pollica”.
“L’omicidio di Angelo Vassallo non si è fermato il 5 settembre 2010: i danni morali e materiali alla comunità e alla nostra terra continuano a distanza di 14 anni, due mesi e due giorni – proseguono Dario e Massimo Vassallo – In questo giorno importante, chiediamo allo Stato di fare piena luce, non solo sull’omicidio, ma anche sulle gestioni amministrative che hanno inciso profondamente sul Comune di Pollica e sul Cilento”. In linea con questa richiesta, la Fondazione annuncia che il “proprio impegno proseguirà, insieme alla commissione d’indagine per il “Sistema Cilento e l’omicidio di Angelo Vassallo”, promossa dal senatore Antonio Iannone e dal deputato Pino Bicchielli”.
Il figlio Antonio: ‘Dopo 14 anni una svolta’
“Dopo 14 anni è una svolta che non avevamo mai vissuto, erano nomi che conoscevamo perché erano oggetto d’indagini, nelle nostre dichiarazioni venivano spesso poste domande su queste persone che sono state arrestate. Ma non avevamo la certezza che poteva essere questo il filone delle indagini. A noi gli inquirenti raccontavano poco o niente”. Lo ha detto all’ANSA Antonio Vassallo, figlio di Angelo, in merito agli arresti per l’omicidio del padre.
“Ora siamo curiosi di approfondire questa vicenda che abbiamo conosciuto in questo percorso e prima non ne conoscevamo assolutamente la dinamica. Non capivamo cosa poteva essere successo, non conoscevamo questo filone, di questa droga che arrivava e che non abbiamo mai visto. Tutta questa realtà che mio padre aveva conosciuto ancor prima di tanti investigatori e inquirenti”.