Ancora una volta ci troviamo davanti alla mistificazione di ciò che è, o quanto meno, dovrebbe essere un’area protetta e ancora una volta nel Cilento. Dopo la controversa strada asfaltata che conduce alla cima del monte Cervati e l’altrettanto contestato taglio di essenze arboree sullo stesso monte, oggetto di manifestazioni e ricorsi al Tar, si ritorna a parlare del Parco Nazionale del Cilento – Vallo di Diano – Alburni, e di eventi che sembrano avere a che fare con tutto fuorché con la natura e la coerenza del contesto in cui si svolgono». È quanto si legge in un comunicato della Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano. Il 18 Gennaio 2025, si è svolto il “1° Raduno off-road Città Castellabate” un raduno di fuoristrada che, patrocinato dal comune di Castellabate e dallo stesso ente parco è partito dalla rinomata località turistica, precisamente da Ogliastro Marina, e da lì, gli ipertrofici 4×4 si sono inerpicati sui sentieri di monte Licosa e scendendo poi verso la frazione di San Marco scendendo dall’ex hotel Castel Sandra per poi proseguire, lungo la strada, fino a Santa Maria di Castellabate.
Il tutto fatto passare, dagli organizzatori e dalla stampa che ha riportato la notizia, come un evento di sensibilizzazione e di tutela del territorio. Gli organizzatori affermano testualmente: «Vogliamo offrire un’opportunità unica per esplorare le meraviglie del territorio in modo responsabile, promuovendo la tutela dell’ambiente attraverso un approccio consapevole e rispettoso”. Che dire se non sottolineare il fatto che tale percorso è invece inserito nella riserva Mab dell’Unesco ed è area Natura 2000, quindi soggetta a vincoli, non solo nazionali, ma anche comunitari.
Rimaniamo pertanto perplessi davanti a tali affermazioni e alla facilità con la quale, l’ente parco abbia permesso, con prescrizioni irrisorie e con il forte rischio di una reiterazione di tali eventi, la realizzazione di una manifestazione che, anche se si rispettassero alla lettera il divieto di non usare segnalazioni acustiche, di non fare accelerazioni rumorose, di non affrontare i fuoripista e mantenere un numero di massimo cinque gruppi di autovetture, la tipologia stessa del fuoristrada risulterebbe incompatibile per rumore, dimensioni e per emissioni di co2 e particolato, non solo con il contesto naturale e protetto, ma con lo stesso contesto cittadino.
Purtroppo tra le amministrazioni locali e le stesse comunità interne alle aree protette si sta diffondendo il luogo comune che tutto ciò crei indotto e va sviluppandosi un malinteso concetto di turismo mordi e fuggi, soprattutto durante la cosiddetta stagione morta, dove si bada più all’immediatezza dell’evento che ad una progettazione a lungo termine, quella che potrebbe lasciare però frutti più duraturi su di un territorio che di per se vive e vivrebbe di turismo tutto l’anno se solo si fosse capaci di investire su progettualità serie e non estemporanee o semplicemente alla moda oltre che incoerenti con la natura stessa dell’area protetta che caratterizza e rende unico l’intero contesto».