Un’inno al Cilento, declamato più volte in quella che è la fiction del momento “Il Commissario Ricciardi” nato dalla penna del prolifico scrittore napoletano Maurizio de Giovanni, romanziere, saggista, sceneggiatore e drammaturgo, che ha dato vita anche ad altri grandi personaggi, ma che a questo in particolare ha legato il suo esordio, la sua passione per il giallo unito al noir. Al trentenne commissario di polizia, di nobili origini ma impiegato, senza alcun interesse per la posizione sociale e la carriera, presso la Squadra mobile della Regia Questura di Napoli, nel pieno regime fascista degli anni Trenta, l’autore ha dedicato una serie di romanzi.
La peculiarità del personaggio di Ricciardi, nato nel Cilento nel 1900 dai baroni di Malomonte e rimasto orfano fin da ragazzo, accudito dalla sua tata Rosa, cilentana di origini anch’ella, pronta a preparagli gustosi piatti della nostra tradizione culinaria dalla ciambotta alla zuppa di ceci fino alla pastiera, un anima introversa e malinconica, un uomo silenzioso e misterioso, come nel suo “dono”, in realtà una condanna, ossia ciò che lui definisce il Fatto: “Ricciardi – scrive De Giovanni – vedeva i morti. Non tutti e non a lungo: solo quelli morti violentemente, e per un periodo di tempo che rifletteva l’estrema emozione, l’energia improvvisa dell’ultimo pensiero.”
Ed è proprio nel Cilento, in cui De Giovanni, ha fatto nascere il “Commissario Ricciardi”, precisamente a Fortino, una piccolissima frazione di Casaletto Spartano, una collina a ridosso di Villammare. E’ il luogo dove ho maturato la mia passione per la pallanuoto, i primi amori e fatto le mie prime amicizie, – commentava De Giovanni qualche anno fa in un’intervista ad Antonietta Nicodemo di 105TV – ed alle quali sono legato ancora oggi” . Il noto scrittore napoletano è dall’età di nove anni che frequenta la costiera cilentana. Nel ’67 i genitori acquistarono una delle villette sul litorale di Villammare. “ Allora – ricorda – era un vero e proprio viaggio quello che affrontavamo per raggiungerla.
L’autostrada terminava a Battipaglia, da quel punto in poi iniziava un interminabile percorso tra i paesi interni. Un tour tra diversi profumi che ricordo con nostalgia. D’inverno, in particolare, era inteso l’odore della terra bagnata dalla pioggia e della legna che bruciava nei camini. Le vacanze di Natale, Pasqua e quelle estive le trascorrevo con i miei genitori tutte in quella villetta, che resta per me l’unica vera casa.
E’ uno scrigno di ricordi, la culla della mia vita e anche dei miei figli. Anche loro sono legatissimi a questa terra, pure oggi che sono cresciuti e dei professionisti. I miei impegni non mi consentono di raggiungerlo spesso ma d’estate almeno una settimana mi rifugio a Villammare “- conclude . La nostra è una terra bellissima ma da troppo tempo umiliata e insultata e credo che ci sia bisogno anche di “atti”, come lo scriverne, anche solo accennando al Cilento, per far nascere la voglia, in colui che legge o assiste, di venire ad assaporare “fette” di questa terra.