La “cucina povera” ha una tradizione antica, è quella del popolo, dei contadini, delle classi povere; essa è espressione dell’arte della cucina che si mescola con un’altra arte, ben conosciuta, quella di arrangiarsi. Comprende ricette preparate con ingredienti semplici e genuini, secondo la tradizione locale, utilizzando ciò che è disponibile in casa, compresi gli avanzi del giorno prima. Richiede poca spesa e molta fantasia.
La “Cicciata” è una squisitezza tipica della cucina cilentana, che gode di una tradizione antica e genuina, in quanto i prodotti utilizzati sono sempre stati coltivati in queste terre, il cui clima è molto favorevole alla coltivazione. La nostra cucina si è sempre ispirata alle attività di pastorizia e agricoltura tipiche del luogo svolte dagli stessi abitanti, per questi motivi, le caratteristiche organolettiche e i tratti essenziali più distintivi sono la semplicità e la genuinità degli ingredienti.
Ma quali sono le origini di questo piatto che veniva ( e viene) preparato il 1° Maggio ed il 1° Novembre? La genesi di questa zuppa di legumi vari ( oggi preparata nel Cilento con: ceci di Cicerale, cicerchie, fagioli di Controne, fagioli Regina, fagioli di Casalbuono, l’antico fagiolino di maggese, fagioli rossi, fagioli a pisello, fagioli d’acqua, fagioli striati, fagioli dell’occhio, farro, avena, orzo, tre tipi di grano cilentano, piselli secchi, fave e granturco) risale all’antichità, infatti, il cibo rituale dedicato ai defunti erano le fave, servite come piatto principale nei banchetti funebri.
I Romani le consideravano sacre e ritenevano che contenessero le anime delle persone scomparse; probabilmente questa convinzione era legata ai caratteri botanici della pianta: le lunghe radici, che affondano in profondità nel terreno, lo stelo cavo, che secondo le credenze popolari faceva da tramite tra il mondo dei morti e quello dei vivi, i fiori bianchi con sfumature violacee e con una caratteristica macchia nera che ricorda la lettera greca “theta”, iniziale della parola greca “thànatos” che significa appunto “morte”. Con l’avvento del Cristianesimo le fave divennero cibo di precetto nei monasteri durante le veglie di preghiera per la Commemorazione dei Defunti e furono utilizzate come cibo da distribuire ai poveri o da cuocere insieme ai ceci lasciandolo a disposizione dei passanti agli angoli delle strade quale sollievo per i poveri viandanti. Nel corso dei secoli vennero sostituite da dolci a base di mandorle o di pinoli meglio conosciute come “fave dei morti”, dolci che ritroviamo tutt’oggi in molte cucine regionali italiane. Anche i ceci vengono associati ai defunti. Nell’antica Grecia, durante i banchetti in onore di Dioniso, si riteneva che i defunti tornassero sulla terra: l’ultima giornata era dedicata alla “festa della pentola” in occasione della quale si cuocevano grandi quantità di civaie (ceci, fave, fagioli e altri semi) che venivano esposte sugli altari e offerte alle anime dei defunti affinché si rifocillassero prima di intraprendere il lungo viaggio di ritorno nell’aldilà.
Altro importante cibo tradizionale presente sulle tavole nella festività dedicata ai defunti è il grano. In tutte le culture e in tutte le religioni esso è il simbolo della vita e della fertilità, ma nello stesso tempo viene associato alla morte e alla resurrezione divenendo il simbolo della ciclicità adottata dalla religione e dalla iconografia cristiana.
La preparazione di questo piatto all’inizio del periodo primaverile, invece era una sorta di rito propiziatorio per un raccolto abbondante, in quanto disporre degli ingredienti per prepararlo a maggio, significava disporre di una dispensa ancora piena e la consumazione di questo piatto diventava un augurio che le stesse condizioni si ripetessero anche per l’anno successivo.
Ingredienti a Vostro piacimento:
- ceci di Cicerale,
- cicerchie,
- fagioli di Controne,
- fagioli Regina,
- fagioli di Casalbuono,
- l’antico fagiolino di maggese,
- fagioli rossi,
- fagioli a pisello,
- fagioli d’acqua,
- fagioli striati,
- fagioli dell’occhio,
- farro,
- avena,
- orzo,
- grano cilentano,
- piselli secchi,
- fave
- granturco,
- olio di oliva extravergine DOP Cilento
- uno spicchio di aglio
- un ciuffo di prezzemolo
- sale grosso.
Preparazione
Mettere a bagno, in recipienti separati e con acqua tiepida, i legumi la sera prima. Portarli a cottura, facendoli bollire in abbondante acqua. Salare a fine cottura. In un mortaio versare olio, aglio, prezzemolo e sale grosso. Battere fino ad ottenere una salsina, versare il battuto in una pentola e portare a cottura a fuoco lento. Servire caldo, versando il tutto su pane biscottato o pane raffermo. Buon appetito
Notizie storiche tratte da: storiadellacucina.com