“ngùlo – ngùlo” – Espressione del dialetto cilentano che, formata dalla ripetizione della stessa parola, assume un significato peculiare e diverso rispetto al termine usato da solo. È traducibile approssimativamente con “dietro-dietro” e si configura più propriamente come avverbio di modo (ma si rinviene anche come avverbio di luogo e di tempo).
È una espressione sostanzialmente più colorita di “arrèto-arrèto” che pure si riscontra con lo stesso significato nell’uso parlato. Il senso figurato del termine, o avverbio che dir si voglia, indica un modo o condotta caratterizzati da continua attenzione e di vigilanza di un soggetto verso un altro, uno star addosso.
Questo atteggiamento si configura come manifestazione di una serie di relazioni sociali, familiari ed economiche riferibili a contesti più o meno ampi, capaci di abbracciare sia la stretta dimensione domestica, sia un più ampio contesto di rapporti sociali e di affari.
Può essere la manifestazione di una particolare cura verso chi si giudichi incapace di badare a sè stesso ed abbia perciò bisogno di una tutela o sorveglianza continue (“ne cummà, si sapissi, a ‘sti nipùti miei ca m’a lassàto fìgliema r’àggia stà ngùlo-ngùlo r’a matìna ‘a sera, ca fàno sùlo uài si le llàsso ra suli”).
Può essere anche la manifestazione di un assedio o di una prossimità da placcaggio psicologico o da trattativa diretta ad ottenere una concessione, un vantaggio, una utilità da qualcuno; insomma una sorta di corteggiamento con cui l’agente accompagna, persegue e coltiva – senza tregua – un interesse fino alla decisione finale del suo benefattore.
In tal caso la prossimità, o meglio, lo stare “ngùlo-ngùlo”, di colui che persegue una finalità di vantaggio si connota di quell’assiduità con cui si vuol impedire al decisore o benefattore di farsi distrarre da altri nella decisione finale ed orientarla definitivamente a proprio favore (“Ppè me fà vènne ra Ronn’Antonio chiro pièzzo re càsa mièzzo la chiazza a fianco a’ la mia, r’aviètta stà ngùlo-ngùlo ppè ‘n’ anno sano, ca n’ato ppòco era càzzo ca la vennìa a chìro strùnzo re nèpote ca po’ me lo truvàva ppè ddanànti cum’aprìa lu funèstrio ogni matìno”.).
L’espressione “ngùlo-ngùlo” rientra nel novero di quelle parole che nel dialetto cilentano sono ripetute due volte in successione con un significato di rafforzamento che ne esplichi un significato estremo (come, ad esempio, “còppa-còppa”, “orla-orla”, “a mmènte- a mmènte”).