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Giù le mani dal Monte della Stella.

Giù le mani dal Monte della Stella, questo avrebbe dovuto dire chi, all’epoca dei fatti, mise mano a ciò che è stato uno dei più grandi scempi del Cilento interno, il deturpare un insediamento primordiale e di culto dell’attuale civiltà cilentana. Iniziò tutto nei primi anni ’70 con il ricoprire ettari ed ettari di terreno con colate di cemento, annegando nell’indifferenza comune quelli che sicuramente erano i resti di una antica civiltà stabilitisi su quel monte e descritta da innumerevoli testi di storia.  E non vi sono o vi sono state cospirazioni o missioni segrete, praticate nella base militare, come è stato ipotizzato in un articolo di qualche anno fa che faceva presagire una romanzata attività complottistica ai danni degli sprovveduti abitanti dei paesi alle pendici della Stella.

No, vi è stata solo ed esclusivamente l’incuria, la non curanza, il menefreghismo generale di chi poteva, e non con il senno di poi, correre ai ripari ed evitare che ciò avvenisse. Rare le testimonianze di cosa accadde in quegli anni, poiché pochi sono rimasti coloro che ebbero a che fare con la costruzione di quella ex base loran.
Quello che sono riuscito però a sapere e che, lo dicevo prima, milioni e milioni di metri cubi di cemento hanno ricoperto quello che è stato un insediamento primordiale del Cilento. Mi è stato raccontato di una sorta di galleria che iniziava da dove ora vi è il cancello della base Enav e proseguiva in modo rettilineo lungo il perimetro raggiungendone la zona a nord-ovest, dove ora è collocato il radiofaro. Essa fu scoperta per caso, nel mentre una grossa pala meccanica si approcciava ad eseguirne il tracciato, la stessa sprofondò con il muso in quella che doveva essere l’ingresso della grotta o galleria che a dire di alcuni, ancora è leggermente visibile.

Migliaia furono i cocci di vasellame ed altri innumerevoli resti di civiltà che furono ridotti in macero, altri invece, quelli in migliore condizioni, presero la strada delle regalia o degli abbellimenti di abitazioni private. E non fu facile proseguire nella costruzione del tracciato, prosegue il mio interlocutore, la macchina meccanica continuava a bloccarsi, vuoi per le mura da insediamenti che non facilmente buttava giù, vuoi per inspiegabili blocchi meccanici. La costruzione con la conseguente disfatta di quella cultura proseguì per giorni, fino a che la ruspa raggiunse il promontorio di nord-est, dove lì iniziò il lavoro vero e proprio di livellamento portando la punta, a quella latitudine, dai 1031mt ai 1000mt di altitudine attuali. Durante gli scavi continuavano a venir fuori pietre intagliate e cocci di vasellame. Molte pietre ritrovate, ben rifinite, fecero presagire, e di questo il mio interlocutore ne ha certezza, provenissero da quella che era stata la prima costruzione della Cappella della Madonna della Stella, poi traslocata secoli dopo dalla famiglia De Feo, proprietaria di quell’appezzamento, sulla rupe dove è tuttora collocata.

Notizie su di una non meglio definita scomparsa di alcuni resti di insediamenti vengono riportate anche da Marco Castelnuovo in: INDAGINI TOPOGRAFICHE SUL MONTE DELLA STELLA, egli descrive: «Più a nord, verso la strada, sono state individuate grazie alla fotografia aerea due nevere o cisterne, di cui però non si è trovata traccia durante le perlustrazioni. Probabilmente queste strutture sono state volutamente interrate poiché l’interramento naturale prevede molto più tempo di quanto ne sia passato dallo scatto fotografico e avrebbe interessato anche le mura circostanti, cosa che non è avvenuta. La motivazione per cui pare che le testimonianze antiche scompaiano dalla cima del Monte della Stella non mi è ancora chiara; alcune fotografie testimoniano elementi ora non più reperibili, e ciò non trova una risposta nell’interessamento delle autorità preposte. Se ne deduce che, cosa non inusuale nella zona, qualcuno abbia trafugato queste testimonianze storiche. Ma il disegno finale, quasi come ciliegina sulla torta, doveva essere, per ampliare ancora di più la base militare, anche l’abbattimento dell’attuale Cappella, scongiurato però, stavolta, da un’irreparabile blocco definitivo della pala meccanica tanto da dover lasciar sbigottito il militare a capo delle operazioni di demolizione che ordinò il definitivo abbandono dell’attività lavorativa con la ruspa che a forza venne caricata su di un camion e definitivamente portata via. Quasi un segno divino, oserei dire. Fin qui parte della storia di questa annosa e dannosa vicenda che vede come protagonista un Monte, quindi terra, quindi con il permesso di essere deturpata, quindi alla mercè di tutti, nessuno escluso.

Non ho trovato molti indizi sul perché della scelta di costruirvi lì una base militare, indipendentemente dal radiofaro del quale posso capirne l’utilità, qualcosa è trapelato ma la fonte è poco attendibile e non vi è motivo di rimescolare nel torbido.
Certo è che per anni questo Monte è stato il salvadanaio per tanti, per chi, privato, ha dato in concessione appezzamenti di terreno per una non meglio identificata riqualificazione ambientale, alle varie amministrazioni Comunali che hanno permesso ed ancora permettono l’insediamento di numerose antenne per la rice-trasmissione. Non nascondo, rischiando di essere impopolare, che la mia ultima visita sulla vetta del Monte, è stata accompagnata, poi nella discesa, da un sensibile quanto forte mal di testa. vi assicuro, non certo dovuto ad un malessere pre-esistente.  Nel momento in cui scrivo, nulla però è stato fatto se non lievi ed inoperose iniziative, di cui, nei mesi scorsi, ho riportato la sintesi, progetti che sono vissuti il tempo di un sospiro, giusto il tempo di una mattinata in cui, dopo la segnalazione dell’Arpac dell’Aprile 2016, sono stati disattivati alcune sorgenti elettromagnetiche per il superamento dei limiti di esposizione consentiti.

Ma non credo che basti questo a stemperare gli animi, ben più efficienti iniziative dovrebbero essere proposte da chi sovrintende il bene comune, in primis il totale smantellamento delle postazioni rice-trasmittenti passando,poi, al ripristino di una normale e sicura viabilità per raggiungere la vetta “espropriando” all’Enav il diritto di proprietà su detta strada. Ora , il bicchiere è colmo, adesso è il momento di sentire su di noi tutti, la responsabilità di sensibilizzare tutti coloro, amministratori e semplici cittadini dei comuni dell’area, ricadenti o limitrofi al Parco Nazionale del Cilento, affinché condividano iniziative e strategie di difesa e promozione dell’entroterra finalizzato alla tutela ma anche allo sviluppo socio-economico della montagna. Perché da questa attenzione e da questa sensibilità dipenderà la maggiore o minore difesa e lo sviluppo delle stesse aree anche costiere, sia in termini di prevenzione che di rilancio di tutte le opportunità di crescita sostenibile derivanti dal ritorno alla terra e dall’esplosione di tutti i segmenti turistici praticabili tutto l’anno.

© Diritti Riservati
Alessandro Giordano
Alessandro Giordano
Dal Marzo 2015 racconto la nostra terra, il Cilento, mostrandola con gli occhi di chi la ama, la vive e vuole contribuire a farla apprezzare di più ai turisti e ai Cilentani stessi. La Storia, i Personaggi, la Cultura, le Tradizioni e le Contraddizioni, il patrimonio artistico, gli eventi e le iniziative in programma che ritengo più interessanti segnalare, i musei, le attrazioni e le proposte per i turisti, il cibo ed i prodotti del territorio sono i temi principali dei miei articoli.

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