L’emergenza COVID-19 è anche l’occasione per incontrare, ancora una volta, la capacità dei cittadini di mobilitarsi a sostegno di chi si trova in condizioni di maggiore bisogno, di coloro per cui l’emergenza è più forte. Quali sono oggi i volti della solidarietà? La pratica della solidarietà si è rivelata particolarmente importante fin dall’inizio della pandemia in Italia. I cittadini già organizzati in associazioni hanno usato il loro diritto a esercitare delle forme di protezione civile per continuare a muoversi, portare generi alimentari alle persone più fragili, individuare le situazioni più difficili e abbandonate che non arrivano nemmeno a chiedere aiuto.
Per molti operatori sociali professionali e volontari nella cooperazione sociale, responsabili della gestione di comunità per minori, per persone con disabilità o per anziani, solidarietà ha voluto dire rinchiudersi nei centri gestiti dalla propria organizzazione insieme agli “utenti”, non viaggiare più, sacrificare i propri rapporti familiari pur di ridurre il rischio di contagio per le persone più vulnerabili. Per moltissime persone, la solidarietà intesa come vicinanza e relazione ha ispirato forme di presenza urbana nei caseggiati, sui balconi, attraverso canti, giochi di gruppo urlati a distanza, attenzione e vigilanza per vicini fragili prima ignorati, e molto altro ancora. Ma la solidarietà non nasce certo con il coronavirus.
La solidarietà, a mio parere, è insita in ognuno di noi, basta solo farla palesare, come ha fatto il mio giovanissimo concittadino Raffaele Di Marco (nella foto di copertina) che in questo periodo, atroce per il mio piccolo paese, ha avuto uno slancio di amicizia e di grande solidarietà per chi è affetto da Covid ed è obbligato a non poter uscire anche se solo per accaparrarsi i beni di prima necessità. E’ di qualche giorno fa, il suo appello sulla sua pagina social, verso coloro i quali avessero bisogno di aiuto per la spesa o l’acquisto/ritiro di un farmaco; egli si sarebbe occupato di tutto ciò, ponendo come “arma” primaria la solidarietà verso gli altri con un semplice gesto dettato dal suo animo semplice e buono è da una frase che ne raccoglie il significato: “NON C’ É PERICOLO AD AIUTARE METTENDO UNA BUSTA DIETRO AD UNA PORTA.”
Oggi più che mai abbiamo bisogno di entrare in relazione per ascoltare l’altro, non proiettare su di lui la nostra esperienza, di comunicare per fare associazione, di discernere e condividere non una esperienza, ma delle forme di impegno solidale. Di aprire dialoghi in cui le emozioni facciano legame intorno a questioni di giustizia intrecciate alla diseguaglianza delle nostre condizioni. Sarebbe assurdo pensare una appartenenza comune senza pensare al contempo le diseguaglianze di condizioni. Solo riconoscendo le discontinuità di condizioni si potrà sfruttare al meglio il momento di politicizzazione dei temi della solidarietà che, di fatto, la pandemia ha aperto. Bravo e Complimenti a Raffaele.