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Un vocabolo tutto cilentano

Il “Dizionario etimologico” del Bonomi riporta col significato di conoscere il verbo greco eolico “gnoeo”, e il Rocci (pag. 394) riporta “γνώ” come eccezione di γιγνώσκω.
Il γιγνώσκω greco è uno di quei verbi ai quali il vocabolario del greco antico riserva uno spazio ricco e corposo che riporta un’ampia gamma di contesti e di correlate traduzioni (conoscere, sapere, intendere, capire, osservare, scorgere, riconoscere, e anche pensare, essere di parere, giudicare, decidere, stabilire, sentenziare, condannare, rendere noto, fare conoscere).

Un elemento che accomuna questi significati è un procedimento di apprensione mentale, una percezione, un’attività sensoriale, un muovere o smuovere un ingranaggio cerebrale. Questo moto di conoscenza può essere semplice e rimanere ad uno stadio primitivo rappresentato dalla sola percezione sensoriale, come il sentire una voce, un richiamo, un suono; oppure evolversi in un pensiero, in un parere, in una elaborazione, e sfociare in una decisione o cognizione più approfondita. Insomma è un verbo che tripudia d’umanità, se è il conoscere il tratto umano fondante la specie. 

L’informatore di Perito al quale chiedo di farmi un esempio di contesto in cui ricorra il nostro “gnò”, d’istinto illustra il caso del contadino che nella campagna lancia una voce nell’aria per chiamare un amico: “Uè Nicoò” al quale è possibile che d’immediato l’amico risponda da un anfratto nascosto alla vista con un sonoro “gnò”, come a dire “eccomi”, ma che può essere articolato come un “sì, ho capito”, “ho inteso”, “ho sentito la tua voce”, “ho appreso il tuo richiamo e ti rispondo”, ossia come riscontro ad una percezione di voce e di risposta ed esclamazione di circostanza. L’informatore di Laurino precisa nell’uso dello “gnò” il ricorrere di una situazione in cui il parlante rimane nascosto alla vista di colui che chiami ad alta voce, ragion per cui la risposta “gnò” sarebbe una sorta di inquadramento spaziale, come a dire “sono qui”, e quindi “riconoscimi” oppure “ecco, conoscimi, vedi che sono qui” , oppure “guarda, son qui, ti conosco e ti rispondo perché tu a tua volta mi riconosca” (in linea con uno dei tanti significati del γιγνώσκω greco che contempla, appunto, il verbo “conoscere” e “riconoscere”).

Col significato di “sì, eccomi”, lo “gnò” è dato anche in una raccolta di parole del dialetto irpino, il che fa dedurre un uso non limitato al Cilento. 
Lo “gnò” nel senso di “eccomi”, “sì, ci sono”, o come un saluto, è attestato anche a Cannalonga, come riferisce Nello Amato il quale vi aggiunge elementi di descrizione propri dello studioso, per cui lo “gnò” potrebbe essere una specie di “morfema lessicalizzato” e che, come il γιγνώσκω greco, potrebbe essere stato “palatilizzato in fase romanza”. 

Nella casistica dello “gnò” sono attestati anche esempi di esclamazioni che apostrofano o commentano un parere altrui in senso affermativo e di adesione. Un informatore dice di aver sentito, anni fa, un signore che quando il suo interlocutore parlava in modo infervorato, l’altro per spirito di adesione e come manifestazione di convergenza, adoperava un triplo e sonoro “gnò, gnò, gnò”.
In latino il verbo “conoscere” è “gnòscere”, da una radice “gna” che è nel sanscrito “gnas” “gnatis” col significato di “conoscente” (come si legge nel Dizionario Etimologico del Bonomi) e il suono “gn” ricorre anche in altre lingue ad indicare una gamma di termini che hanno attinenza con l’azione del conoscere.

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