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mercoledì, 24 Aprile 2024
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Nel Cilento non solo il gatto può essere “frièstico”

Si definisce “frièstico” il gatto che non si lascia accarezzare, che vive fuori dalla casa, allo stato selvaggio e che fugge la vicinanza con l’uomo o facile al graffio; insomma il contrario di “domestico”.
Per estensione con “frièstico” si definisce la persona poco socievole, solitaria, il bùrbero, colui che schiva il contatto con la gente, ombroso.

La parola ricorre con una certa frequenza nel dialetto cilentano forse proprio per il modo in cui si caratterizza il contesto urbano del Cilento formato da tanti piccoli villaggi che, nei secoli, hanno visto i suoi abitanti formare anche un aggregato umano dove era utile o opportuna l’integrazione, la partecipazione alla vita sociale, e dove ognuno era chiamato ad un ruolo, ad un mestiere, ad un lavoro, e dove le famiglie solidarizzavano.

Il villaggio era anche una “rete” economica, fatta di baratto, di scambi, e di altri contatti ove valeva anche un certo “ruolo” che una persona assumeva in quel microcosmo dove era vigeva una forte impronta conformistica, fatta di scadenze da rispettare, come il doversi necessariamente sposare o andare a fare gli auguri ai parenti il giorno di Natale e nelle feste comandate.

In un siffatto contesto, la persona non facilmente inquadrabile, l’uomo o la donna di poche parole, colui che si vedeva poco in giro, che non frequentava l’osteria, che non aveva amici, rappresentava una distorsione nella rete del modello urbano e sociale e per questo quel carattere era più evidente e più spiccato. È, quindi, il “frièstico”, cupo, silenzioso, sospettoso, fuggevole, diffidente, che non accetta inviti, che saluta poco, che non sporge la mano, che fugge lo sguardo dell’interlocutore, spesso celibe fino alla tarda età, che rifugge la “polis”.

Molte volte il “frièstico” è anche poverissimo, a meno che non appartenga a famiglia agiata e abbia ereditato il palazzo signorile nella piazza principale del paese o si trovasse a gestire rendite o un latifondo, dando luogo ad una ancora più marcata figura di “frièstico” facoltoso, avarissimo in genere, laddove, però, la natura burbera poteva anche dipendere da tare o traumi vissuti in famiglia, lasciando presagire una solitudine da ossessione.

“Frièstico” è anche il bambino “difficile”, capriccioso, e che disdegna i giochi con i coetanei, a volte anche aggressivo.
Dovrebbe derivare dal latino “forasticus”, nel senso di soggetto che sta all’esterno, ossia “foras”, fuori, e dal quale sarebbe derivato “forèsticus” nel senso di rozzo, selvaggio e anche solitario.

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