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Il Cilentano non gioca “verrècchia”

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Indica la condotta tipica dei bambini che giocano in modo rumoroso, confuso, disordinato, urlato, scatenato. Si colgono nel suo significato un frastuono e un vociare che per alcuni possono essere visti come espressione gioviale di vitalità fanciullesca, ma per altri possono suonare invece come frastuono fastidioso, molesto o stridulo. 

Una battaglia a cuscinate tra bambini, un rincorrersi per buttarsi acqua addosso tra i vicoli, una gara a chi grida più forte, un provare a scimmiottare la strofa di una canzone, una partita in cortile o in strada senza regole né porte dietro un pallone sgonfiato, un giocare tra fratelli a colpirsi con pallottole di cartone, sono le condotte tipiche del “verrecchiàre”, o del fare “verricchi”. Sul tutto dominano il caos, la baruffa, lo scherno, il ridere senza freni, le grida sguaiate: “Finìtila mò re fa’ verrìcchi”, “Jà, à le càsi vòste tùtti quànti ch’avìti verrecchiàto ca m’è bbenùto nu’ màle re càpo!”. 

Per estensione indica anche le discussioni tra adulti che non conducono ad alcuna conclusione concreta o contraddistinte da scontri verbali, offese, contese a suon di insulti, al pari, appunto, di quanto accade nelle schermaglie tra infanti. 
Nel gergo più propriamente pastorale, indica lo stato di agitazione dei capretti nello stallo. 

Si scorge nel suo etimo una derivazione da “guerra”, in dialetto “uèrra”, nella forma diminutiva o blanda di un “guerricchiàre” traducibile più o meno con un “giocare alla guerra” o “simulare in modo innocente una guerra o scontro”. Derivazione, questa, resa plausibile dagli omologhi termini in uso nelle lingue germaniche ed europee (“werra” o “wirre” nel tedesco antico, “werre” nell’olandese, “war” nell’inglese) laddove assumono il senso di “abbarruffarsi”, “confondere”, “scompigliare”, usati per rappresentare la “zuffa”, la “mischia”, in contrapposizione a “bellum” latino che indica, invece, la battaglia ordinata di squadroni contro squadroni.
Vero è che negli antichi vocabolari napoletani era riportato “verrillo” nel senso di “fanciullo”, il che potrebbe riaprire altre ipotesi sull’etimo di verricchiare.

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