Tàta, sostantivo maschile del dialetto Cilentano che sta per “padre”. Si tratta di termine che – almeno col significato di “padre” – ormai volge all’estinzione nell’uso parlato nel Cilento, come anche in tutto il Meridione e nel Napoletano nel quale pure si riscontra con lo stesso significato (ad esempio, Edmondo De Amicis dà atto del suo uso in un passo del libro “Cuore” laddove si legge ” … aveva mandato a Napoli il figliuolo maggiore, con qualche soldo, ad assistere suo padre, il suo «tata», come là si dice”, e anche Silvio Pellico ne fa un abbondante uso nei dialoghi in lingua trasteverina in “Francesca da Rimini”).
Interrogando gli anziani si ha conferma del suo uso anche nelle nostre zone.
Sul significato di “tàta” nella parlata dei Cilentani si soffermò Federico Piantieri nel suo opuscolo a stampa “Del Cilento e del suo dialetto.
Lettera di Federico Piantieri ad Ernesto Palumbo”, pubblicato nel 1870, segno che evidentemente la parola era ancora molto usata in Cilento a quel tempo. Per quanto il citato opuscolo del Piantieri non avesse una pretesa di rigore scientifico, tuttavia proclamava l’importanza del dialetto come sintesi di depositi secolari nelle cui profondità si sarebbero potute dragare tracce di esodi, di popoli e di loro stanziamenti su un territorio, fino a giungere persino a rilevare etimi comuni a popoli lontanissimi.
Secondo il Piantieri “tata” è “una voce popolare che ha il suo riscontro in una parola slava che significa padre ed in un’altra ebraica che val generatore”.
Tuttavia sarebbe stato improbabile che i due etimi fossero comuni vista la lontananza tra le due lingue. Infatti, scrive Piantieri: “.. i nostri popolani non l’hanno certamente pigliata né dagli Slavi né dagli Ebrei, perché è voce primitiva de’ bimbi, i quali o cominciano a snodar la lingua col monosillabo pa, onde papà, oma, onde mamma, o ta, onde tata”.
In questa origine naturale starebbe la fonte della parola come l’hanno usata anche nel dialetto del Cilento: “E’ la natura della gorga umana che simile in tutti gli uomini forma parole simili in tutt’i popoli del mondo.”
Apprezzabile spiegazione che trova conferma anche nel Dizionario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianegiani che, alla voce “tata”, accomuna termini che riportano al tedesco, allo spagnolo, al portoghese, al cimbrico, all’irlandese, all’inglese, all’albanese, al boemo, al gotico, al latino, nelle quali lingue indica, oltre al “padre”, un familiare, sorella, fratello o nonno. Il dizionario della Treccani la descrive come “duplicazione della sillaba ta, consueta nel balbettio e nel richiamo dei bimbi”, evidenziando come anche nel latino, nel greco “τάτα, τατᾶ e τέττα) e nel sanscrito (“tatah”) la parola era utilizzata col significato di “padre”.
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