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sabato, 20 Aprile 2024
Prima PaginaAccademia della VrennaUna "frazione di tempo" nel dialetto del Cilento

Una “frazione di tempo” nel dialetto del Cilento

Il suo significato non potrebbe essere spiegato con la sola traduzione letterale che darebbe un “ad ora ad ora” che il vocabolario ufficiale della Crusca traduce con “Ad ognora”, “A ogni poco” (peraltro sul richiamo al Petrarca, “Però ch’ad ora ad ora S’erge la speme”, a Dante: “Ad ora ad ora M’insegnavate come l’uom s’eterna”, all’Ariosto “Che ad or ad or in modo egli affrettava, Che nessun tempo d’indugiar le dava”).

Invece nel dialetto cilentano indica tutt’altro. “A òra – a òra”, pronunciato senza soluzione di continuità, indica una particolare ora del giorno, una frazione di tempo della giornata. In mancanza di riferimenti precisi, occorre quindi individuare questa ora, se non altro perché accade che due persone rimangano di rivedersi l’indomani proprio “a òra-a òra” e se uno dei due non è ferrato sul significato rimane un appuntamento ad un’ora indefinibile (“Ne Fò, ne verìmo rimàni a òra a òra”).

Fatte le dovute indagini per ricostruire e circoscrivere l’avverbio si può concludere che per convenzione “a òra-a òra” indica quell’ora del giorno tra il pomeriggio e la sera comunque prima che venga buio del tutto.

Poichè nella civiltà contadina, il tempo della giornata veniva scandito nell’arco che divide le ore dedicate al lavoro dei campi dalle ore del tempo domestico, “a òra-a òra” dovrebbe indicare quel tempo intermedio in cui si lascia il campo quando il sole si sta approssimando al tramonto e rimane una frazione di tempo per il percorso di ritorno, residuando un tempo adatto per le relazioni.

Ebbene, quella frazione di tempo intermedio, che potrebbe variare da stagione a stagione, doveva essere il tempo utile e proficuo per un appuntamento, per parlare di un affare, o per il gioco, o per l’ora convenuta degli innamorati, o da dedicare ad ogni altro tipo di trastullo.

Abbandonata la misura del tempo calcolata sul lavoro agricolo, la locuzione è comunque sopravvissuta come ora convenzionale, variabile, per indicare un tempo appena dopo aver finito di lavorare, collocabile generalmente nella coda del diurno.

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