“Chiàcchiare ‘nnànti lu ffuòco vòle la zita e ppò s’addòrme” (Chiacchiere davanti il focolare vuole la sposa,e poi si addormenta).
Nei contesti contadini del Cilento, il matrimonio era preceduto da un fidanzamento praticato con un corteggiamento che si sostanziava nel fatto che il promesso sposo si recava a casa della promessa sposa trascorrendo la serata dinanzi al focolare, alla presenza dei genitori di lei, ovviamente, e degli altri familiari se ve ne erano. Questo rituale del fidanzamento, fatto di visite che si ripetevano fino al giorno delle nozze era indicato con l’espressione “fare l’amore” e serviva ad una verifica reciproca di compatibilità caratteriale, di serietà d’intenti, di garanzia. Il fidanzato che aveva trascorso una serata a casa della sua promessa sposa, a chiacchierare dinanzi al focolare, “era andato a fare l’amore”.
Durante questo trascorrere di serate, vero e proprio rito, al promesso sposo non era dato che guardare la sua promessa sposa, e “chiacchierare”. In una condizione in cui il promesso sposo aveva sì superato la prima prova dell’essere ammesso in casa, ma non poteva essere sicuro ancora del matrimonio, il contenuto di questo parlare non poteva che essere infarcito di vanti ed auto-elogi sulle proprie sostanze e sulle proprie qualità. Vanti che erano diretti non solo all’amata, ma anche ai suoi genitori per rassicurarli del “buon partito” che avrebbe preso la loro figliola.
La fidanzata, a sua volta, si mostrava ben disposta a credere a tutto ciò che il fidanzato le propinava anche quando, in verità, le decantate ricchezze e qualità, erano frutto di fantasia e non completamente rispondenti alla verità. La promessa sposa, presa dal desiderio di convolare a nozze al più presto, o perché veramente innamorata, si poneva in una condizione di prendere per buone e come vere le vanaglorie del suo fidanzato.
La condotta del promesso sposo facile ad intrattenersi in vacue “chiacchiere”, diede vita a questo detto popolare utilizzabile per rappresentare tanti altri contesti caratterizzati dal predominio dell’artificio verbale, delle promesse spesso inconsistenti, dell’auto-incensarsi o vantarsi per qualità che lascerebbero dubbi in qualsiasi interlocutore anche non molto smaliziato. Il detto proverbiale si presta, quindi, ad essere esteso a tutte quelle situazioni in cui c’è una persona che si dimostra incline a farsi benevolmente ingannare da promesse in forza di una condizione di pregressa simpatia o di ammirazione o di innamoramento o in presenza di altre forme di seduzione.
La condotta tipica rappresentata nel proverbio ricorre, ad esempio, quando un nonno generoso vuol premiare con denaro il proprio nipotino per il suo andamento scolastico, o quando i genitori ascoltano gli elogi indirizzati ai figli. Appunto, al pari di una promessa sposa che, trasognata e con occhi benevoli, lascia che il suo fidanzato le racconti frottole, anche se non ci crede del tutto, tanto che, alla fine, stanca anche lei del continuo chiacchierare, cede ad addormentarsi, come si rileva dal fatto che in alcune versioni del proverbio si aggiunge la frase finale “e pò’ s’addorme”.