Fra le innumerevoli, spaventose crudeltà selvagge e spietate, con le quali il boia del Cilento, Francesco Saverio Del Carretto , volle soffocare la rivolta del 1828, primeggia, destando pietà e raccapriccio, l’avvenuta distruzione del paese di Bosco, descritto da tutti gli storici come villaggio quando era, invece, un fiorentissimo Comune.
Bosco, nel pomeriggio del 30 Giugno 1828 si preparava ad accogliere i rivoluzionari trionfalmente, le campane suonavano a festa, l’intera popolazione con in testa il Sindaco ed il Clero, agitando fra le mani simbolici rami di ulivo, gioirono all’incontro con il gruppo dei ribelli tra le grida osannanti di “Viva il Re, Viva la Costituzione di Francia”. Celebrati marciarono per il paese, adornato di luminarie, fino a raggiungere la Chiesa dove poi, in serata ci fu una solenne Santa Messa, proseguendo, subito dopo, con banchetti, canti e danze per tutta la notte, per poi il giorno dopo, 1 luglio, raggiungere festanti anche il borgo di Acquavena.
Ma fu il 7 Luglio che i festeggiamenti furono interrotti dalla visita del colonnello della Gendarmeria di Salerno Giuseppe De Liguori (della famiglia di Sant’Alfonso), accompagnato da mercenari, artiglieria, gendarmi e guardie urbane.
Egli con la forza scacciò dalle case e dal paese gli abitanti a colpi di frusta, alcuni furono immediatamente fucilati. Attorno alle case, i gendarmi e le guardie urbane, accatastarono febbrilmente paglia, fieno e legna ed a nulla valse l’implorare da parte dei paesani la pietà per una immaginabile distruzione, essi vennero respinti, malmenati e seviziati. Così inermi, dalle colline vicine, assistettero alla distruzione mediante il fuoco delle loro case; l’incendio durò l’intera giornata e parte della notte.Si dice che per ordine del Generale Del Carretto, sulle fumanti rovine vi fosse, poi, sparso del sale. Anche se la violenza su questo Comune era stata immane e devastante, nel 1829 gli abitanti di Bosco provarono a ricostruirne le case ma, per ordine di Del Carretto, furono immediatamente distrutte. E la rabbia Borbonica non tardò, non meno crudele e rabbiosa dell’incendio, con il triste decreto che il 28 Luglio 1828 Francesco I delle Due Sicilie, d’esecranda memoria, emanò radiando Bosco dall’Albo dei Comuni:
“Art.1 – Il Comune di Bosco nel circondario di Camerota nel Principato Citeriore è soppresso – Il suo nome sarà cancellato dall’albo dei Comuni del regno, il suo tenimento è aggregato a quello del Comune limitrofo che è San Giovanni a Piro.
Art.2 – Gli abitanti di Bosco potranno fissare il loro domicilio in San Giovanni a Piro o dovunque a loro piaccia, ma né essi, né altri potranno ricostruire mai più le abitazioni che formavano l’aggregato di quel Comune, né in quel sito ove esisteva,né in altro dell’antico suo tenimento”.
Così Del Carretto ebbe la meglio e poté distruggere definitivamente l’abitato di Bosco ma, come scriveva il Mazziotti: “Nessun Borbone poté mai sradicare dall’animo, dal Cuore del Cilentano, l’amore infinito per la sua causa di Libertà”.La tenacia e l’amore del luogo nativo non cessò un solo istante nei cuori degli sventurati cittadini di Bosco, che negli anni successivi fecero risorgere il paese sotto il nome di San Giovanni e poi, dopo il 1848, di nuovo come Bosco aggregandosi al comune di San Giovanni a Piro.
(fonte: archivi di storia manoscritti privati – foto di copertina: Maioliche raffiguranti l’incendio di Bosco realizzate dal pittore José Ortega all’ingresso del paese – tratta da WikiPedia)