“La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.” (Italo Calvino). Chiunque faccia (per passione, svago o professione), diciamo eserciti il “mestiere” del narratore, dovrebbe sentire e provare la gioia di raccontare, oltre alle mille cose che occupano il mondo, anche la propria terra. Ma senza decantarla per questo o quel monumento, per questo o per quel luogo…. solo e semplicemente, come descritto con immensa maestria da Calvino, per quelle piccole cose che quella terra, bella o brutta che sia, vivono e rivivono grazie alla tua tastiera.
Ci sono luoghi sulla terra che non hanno tempo, non sono ne un “ieri”, ne un “oggi”, ne un “domani”, ……. solo un sempre.
Amo molto questo angolo, dove il cielo accarezza ciò che l’uomo ha cesellato con cura e dove le anime si ritrovano sempre come se fossero appena nate. Più guardo questa mia terra e più sono consapevole di quanto quello che ci circonda sia fondamentale, una pietra angolare per ogni esistenza e vissuto, uno scrigno di storie e di memorie che si perdono nella notte dei tempi, come quella che adesso vado a riportarvi, una scoperta pregna di mistero e fascino allorquando il toponimo Cilento viene identificato in una antica Dea di nome Cilens.
Per secoli si è ritenuto che l’origine del “nome” Cilento, derivasse da Cis-Alento, al di qua del fiume Alento, ma ricerche dell’archeologo Fabio Astone, invece, vi ritrovano altre radici. E’ il rinvenimento, nel 1877 in località Ciavernasco di Settima, a Gossolengo presso Piacenza, il primo tassello di questa nuova teoria; viene portato alla luce un modello – spiega il prof. Astone – di fegato ovino , datato tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C., realizzato in bronzo e contenente iscrizioni in lingua etrusca; il reperto è una preziosa testimonianza relativa all’aruspicina, l’antica disciplina divinatoria dei Tirreni. I nomi indicati sulla fascia perimetrale del modello epatico , riportano l’elenco delle divinità che sovrintendono alle sedici regioni in cui, per gli etruschi, è suddivisa la volta celeste. Il fegato piacentino, orientato e suddiviso, contiene, sulla parte esterna della superficie piana, sedici caselle, che sembrano corrispondere alle sedi delle divinità del Templum celeste dell’elenco di Marziano Capella.
Nella prima casella, insieme al nome del Dio Tinia, assimilabile a Zeus e Giove, compare quello di una seconda divinità, Cilens. Per quanto a noi poco noto, il Nume Cilens doveva rivestire un ruolo primario nella religiosità etrusca, tanto da condividere la casella con Tinia. Non solo, due iscrizioni poste sulla parte posteriore del fegato assegnano alla Dea Cilens, rispettivamente a Usil, il sole e a Tivr, la Luna. Se davvero Cilens fosse il Nume che presiede il passaggio tra le tenebre e la luce, sarebbe possibile immaginare i remotissimi abitanti della riva destra del Sele scrutare ansiosi quelle alture che la lunga, scura notte rendeva misteriose, e che la luce del Sole nascente accendeva per dileguare le ultime ombre; era l’alba, il momento in cui si manifestava, brevemente, l’antica divinità. Da notare (vedi fig. 1) come il territorio “Cilens o Cilensl” fosse sovrastato dal Monte della Stella, la poderosa cima, visibile già da Salerno, che domina le alture a sud del fiume Sele, e sul quale sorgeva, secondo alcuni studiosi, un abitato oggi scomparso, noto con il nome di Lucania, centro denominato successivamente Cilento.
La particolarità di questa montagna – continua l’archeologo Astone – è quella di avere una forma più o meno piramidale, riconoscibile da lontano, da nord (dalla costiera Amalfitana), da est, da sud e dal mare; esso è il punto forse più importante per la consultazione del fegato di Piacenza è proprio il rilievo piramidale, accanto al quale sono poste le due caselle con Cilens. Non sembra essere un caso, quindi, che il nome che affianca il rilievo bronzeo si ritrovi in un monte con la stessa forma: questo strumento dell’’aruspicina etrusca con tutta probabilità veniva orientato nello spazio reale, prendendo come riferimento analogie formali nel territorio. Così per analogia posizionale, topografica, è possibile che il teonimo etrusco-italico Cilens sia stato associato in epoca remota con il Monte della Stella, venendo a far parte della toponomastica locale, originato in un contesto geografico e culturale, come si è visto, inaspettatatamente ricco di elementi etruschi.
Anche il secondo ritrovamento, questa volta in un edificio templare del III sec. a.C., rinvenuto a Poggio Casetta nei pressi del lago di Bolsena di un rilievo in argilla (vedi fig.3) raffigurante una coppia di divinità, entrambe identificabili attraverso la corrispondente iscrizione etrusca presente sulla base, confermano il collegamento alla cultura etrusca e su tali considerazioni, il toponimo acquisisce un nuovo significato: la terra cilentana è dunque dedicata a Cilens, divinità etrusca femminile alla quale veniva attribuito il governare i passaggi giorno-notte e viceversa.
Una è Mera, l’Atena dei Greci e la Minerva dei Romani, che sul rilievo è raffigurata secondo l’iconografia classica, con il capo coperto dall’elmo. La seconda figura è purtroppo acefala, e l’attributo divino che, stando alla linea di frattura, doveva stringere nella mano sinistra, non si è conservato. Ciò nonostante, l’iscrizione Cilens, permette di identificare questa divinità. E allora non sbaglio quando affermo che il Cilento riserva sempre grandi sorprese: basta perdersi qui e là per ritrovarsi sempre davanti a qualcosa di stupendo e mozzafiato!
Credits:
- La foto di copertina è il bozzetto del Murale “La Dea Cilens tra luci ed ombre”, realizzato da Mauro Trotta
- Le notizie sono tratte da: “Alle origini del toponimo Cilento: la fondazione di Poseidonia ed i Tirreni-Etruschi del Golfo di Salerno. Riflessioni ed ipotesi” in Annali storici di Principato Citra, 18, 1, 2012, pp. 5-44. del Prof. Fabio Astone
Non ne ero a conoscenza. Bravi, credo che conoscere di più queste storie sia importante
e’ una storia molto affascinante