A qualcuno, spero pochi, sarà capitato di essere ricoverati in uno ospedale ed essere trattati con superficialità, spesso indifferenza. Sembra che, chi lavori in ospedale, solo per il fatto di avere un “divisa” si senta in diritto di trattare il malato in una condizione di sudditanza psicologica e fisica. Mi è capitato in prima persona, avendo mia madre ricoverata in un ospedale Cilentano, di aver provato la sensazione che coloro che l’accudivano stessero facendoti un favore. Oppure, ponendo delle domande lecite a un medico, rispondeva a “mezza bocca” o addirittura si defilava. Questo è quello che può succedere a chi si imbatte in queste strutture che dovrebbero salvaguardare la salute ma nello stesso tempo la dignità del singolo. Certo ciò che a me è accaduto non è paragonabile a ciò che si andrà a leggere. Meglio della lettura di questo articolo sarà il film “87 Ore” diretto da Costanza Quatriglio che racconterà la storia tragica del cinquantenne Maestro elementare Francesco Mastrogiovanni.
La violenta storia di Francesco inizia il 5 ottobre ’99, per un banale litigio con un carabiniere, Franco verrà condannato a tre anni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, malgrado la testimonianza in suo favore di sei persone. Assolto in appello, ma segnato come ‘pericoloso anarchico’,distrutto dai maltrattamenti subiti in caserma, piantonato mattina e sera, Franco subisce per ordine del Comune di Pollica il primo T.S.O. nel 2002. Il 1 agosto 2009 è di nuovo il Comune di Pollica, nella persona dell’allora Sindaco Angelo Vassallo, a ordinare il TSO che poi lo porterà alla morte qualche giorno dopo, il 4 Agosto. L’atroce supplizio vissuto da Francesco, più di tre giorni senza cibo né acqua, è stato ripreso dalle telecamere del reparto ed il video dimostra che le torture esistono. Il T.S.O. è un vero e proprio sequestro e maltrattamento di persona, con ripercussioni gravi sulla psiche e qualità sociale e di vita presente e futura della persona che lo subisce.
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E’ uno strumento di controllo ed oppressione, fascista e disumano; sovente utilizzato anche per sperimentazioni illegali, oltreché deleteri. Sperimentazioni farmacologiche (e non solo) che poi, all’occorrenza, possono anche essere impiegati su larga scala, avendone constatato gli effetti sul singolo. La massa, nella migliore delle ipotesi, preferisce stigmatizzare le persone che ingiustamente subiscono un T.S.O., al fine di potersi considerare “normali” (perché non soggette a T.S.O. o diagnosi psichiatrica), quando invece – con questo loro comportamento di non indignazione e subdola approvazione – sono proprio loro i pazzi, perché neanche si rendono conto che un giorno questo tipo di trattamento potrebbe riguardare loro, direttamente o indirettamente (attraverso un loro caro). Non sono un giurista, ma sostengo comunque, da semplice cittadino che l’uomo ha si il diritto alla salute, ma non l’obbligo alla salute. Poi, però, andrebbe anche rivisto cosa realmente è la salute. Si parla sempre di malattia e terapia farmacologica-chirurgica, ma quasi mai di vera salute. E i diritti del malato sono prossimi allo zero. Tutto a favore del profitto.
Tutto questo è assurdo, ma a quanto pare lo è soltanto per poche persone. Per la maggioranza, invece, sembrerebbe addirittura ovvio e “normale” che sia così. L’umanità non solo vive in una gabbia, ma ci vive anche da malato cronico. Ma si sà, un uomo malato è più facile da mantenere assoggettato e controllato da un manipolo di persone ignoranti, crudeli e senza scrupoli, che di umano non hanno che l’apparenza.
Il caso di questo maestro elementare cilentano è solo uno degli infiniti casi che continuamente succedono in tutto il mondo o quasi, ma di cui la massa non viene quasi mai informata, anche perché alla massa queste cose non interessa saperle, preferisce chiudere un occhio, e anche due, e continuare a drogarsi di “grande fratello”, facendo finta che è tutto normale. Ponendo, però, un quesito sulla prepotenza di alcune persone nell’ambiente sanitario che utilizzano il loro “potere” in modo scorretto e senza supervisione alcuna, dimenticando la missione a cui sono stati chiamati.