C’era un tempo in cui i paesi fantasma erano popolati da persone, amministrati, attraversati da vite che hanno sofferto e amato proprio come noi. Non sarà stato facile per Dorina, (il video lo trovi a fondo pagina) vedere giorno dopo giorno, il villaggio dove è nata, dove ha vissuto gioie e dolori scarnificarsi un po’ per volta; credo non sia facile per nessuno. Roscigno, paese da qualche trentennio ormai fantasma di se stesso, è di sicuro l’emblema di quello spopolamento che sempre abbiamo temuto e che sembra essere arrivato.
Come accennato nel video da Dorina, le ragioni per cui questo piccolo agglomerato degli Alburni sia stato abbandonato sono alcune; impressionante, se fosse vera, quella che vuole il distacco di tante vite per un non meglio specificato ammodernamento del borgo.
Ma non voglio crederlo. Voglio capacitarmi, invece che davvero gli Enti preposti non commettano un peccato grave come il dimenticare, come il perdere un patrimonio di storia che ha, contrariamente al pensiero generale, le carte in regola per diventare risorsa, questo spero mi auguro per Roscigno e tanti altri piccoli borghi, penso anche ad Amalafede nel Cilento antico ed interno. Ma lo scrivevo prima, il fantasma dello spopolamento avanza e non da tregua, lasciando, per fortuna almeno gli anziani, straordinaria ricchezza in quanto memoria storica del territorio ma sempre più spesso tristemente ridotti a figure da museo per turisti. Alla base della fuga la mancanza di lavoro ma spesso anche l’esigenza di cogliere nuove opportunità non solo lavorative ma di tipo sociale e comunitario; e non tornano, non si creano quindi nuove famiglie, non arrivano bambini pertanto le scuole chiudono, così come i piccoli negozi.
“Andare via lontano a cercare un altro mondo dire addio al cortile, andarsene sognando” – cantava Luigi Tenco nel lontano 1967, parole intrise di significato in uno dei testi più lucidi e poetici mai scritti sullo spopolamento dei piccoli paesi.
Le grosse aziende/enti stentano, un po’ per i costi un po’ per pressapochismo, nel tenere aperti uffici postali o bancari e stazioni ferroviarie di linee minori, quando esistono. Ma chi amministra i piccoli comuni delle aree interne è consapevole della situazione drammatica che vivono i loro centri? Sono altrettanto consapevoli che lo spopolamento non sia un declino inevitabile e si possono prendere contromisure efficaci che possono sottrarre all’incuria e all’abbandono i loro territori? C’è un gran bisogno di facilitare alleanze di rete tra piccoli comuni e tra campagne e periferia urbana, creando forme di collaborazione, serve sperimentare forme nuove di convivenza e incentivi a prendersi cura dei beni comuni e a creare nuova occupazione.
Qualche sindaco coraggioso prova ad indicare la strada, con sperimentazioni innovative e mettendo a disposizione ciò che ha a disposizione a costi competitivi: case e negozi, per provare a ricostruire la comunità.
Dovrebbe trovarsi il coraggio di andare oltre l’accoglienza, e l’integrazione dei migranti, e la scommessa di una comunità e un territorio che interagisce con i nuovi arrivati, valorizzandoli e utilizzandoli per riattivare beni comuni che appartengono a tutta la comunità. Considerare anche la cultura una leva per il riscatto dei territori, e di affidare i beni culturali a giovani ricercatori – dando loro casa e possibilità di crescita – perché dai beni abbandonati si generi cultura nuova.
Enti locali, Stato e Regione, potrebbero lavorare nella costruzione di una rete innovativa di servizi pubblici di carattere sovra-comunale in diversi settori nevralgici, primi fra tutti quello dei trasporti, dell’istruzione, della sanità, del digitale, della cultura. Proprio il fatto che le zone interne siano diverse per cultura, storia e identità impegna responsabilità politiche precise in cui l’approccio all’intervento non può non avere un’unica visione del problema e un’unica regia di proposte e di programmi. Una recente ricerca, riporta che quasi il 6 % della popolazione italiana, 3 milioni e mezzo, abita in quei 2430 comuni con calo di popolazione preoccupante; sono paesi che non superano le poche centinaia di abitanti, a maggioranza anziani, e per mille di questi comuni lo spopolamento sembra inevitabile.
Credits Video: SD Cinematografica
dopo 42 anni all’estero sono tornato nella mia terra dove sono nato, il desiderio di incontrare i miei compagni d ‘infanzia e stato deludente molti non tornano piu e hanno venduto le loro case ereditate dai genitori ormai i paesi cilentani si spopolano sempre di piu per mancanza di lavoro e servizi le poche persone che sono restate a maggioranza anziani
ma la vita scorre tranquilla poco e cambiato forse e quello che cerco il silenzio la voce della natura e l abbaiare di un cane lontano