I bambini la aspettano con trepidante attesa. Questa notte, infatti, la Befana lascerà tanti dolciumi a quanti sono stati bravi, mentre chi si è comportato male dovrà accontentarsi di un pezzetto di carbone. La festa della Befana, figura iconica nel folclore italiano, si celebra ogni anno il 6 gennaio. Secondo la tradizione popolare, la vecchia signora con il naso adunco e la scopa volante visita le case di ogni bambino durante la notte precedente, proprio quando i piccoli lasciano calze appese vicino al camino o alla finestra nella speranza che la Befana lasci loro regali o dolci.
Perché si festeggia la Befana
La leggenda narra che la Befana porti dolci ai bimbi che durante l’anno sono stati bravi e carbone a quelli che, invece, si sono comportati male. La festa della Befana ha origini pagane legate alle festività romane delle Calende di gennaio, che celebravano il nuovo anno e l’inizio del periodo agricolo. La figura della Befana potrebbe derivare da antiche divinità pagane legate alla fine dell’inverno e alla nascita di un nuovo ciclo stagionale. Successivamente, la tradizione si è mescolata con elementi cristiani, diventando parte delle celebrazioni dell’Epifania.
Secondo una versione ‘cristianizzata’ di una leggenda che risale al XII secolo la Befana sarebbe stata una vecchia donna che ricevette la visita dei Re Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, diretti a Betlemme e guidati dalla stella cometa per portare oro, incenso e mirra a Gesù bambino poco dopo la sua nascita. I Re Magi, si racconta, chiesero alla donna indicazioni per raggiungere il piccolo e le chiesero di unirsi a loro nel viaggio. La signora rifiutò ma in seguito, pentita per aver declinato l’invito, decise di preparare dei doni e di mettersi anche lei alla ricerca del bambino Gesù, portando con sé dolci e giochi. Da allora, la Befana viaggia per il mondo nella notte dell’Epifania, lasciando doni ai bambini come segno di pentimento per non aver accompagnato i Re Magi nel loro percorso.
Questa storia simboleggia l’importanza della generosità, del pentimento e della ricerca della bontà nel cuore delle persone. È una delle tante versioni della leggenda della Befana, che ha attraversato secoli mantenendo ancora oggi il suo fascino e la sua magia. Nel Cilento, i nonni raccontavano che nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio, sui balconi venivano accese dei piccoli lumicini, questi avrebbero indicato la via ai defunti che in quella notte e fino alle prime luci dell’alba, avrebbero camminato in processione ,vestiti di bianco alla ricerca della loro casa e dei loro congiunti. Quella notte per loro sarebbe stata la notte in cui alcune anime dal Purgatorio sarebbero state poi destinate all’Inferno o al Paradiso, una notte di penitenza in cui le anime avrebbero detto sottovoce …”Tutt’ e Pasche vanno e beneno…ma Pasca e Befania nu’venessero mai”! In Campania c’è una tradizione atavica legata alla figura della Befana, precedente alla celebrazione della festa religiosa dell’Epifania. Anticamente, infatti, si pensava che nella dodicesima notte dopo il Natale, ossia dopo il solstizio invernale, si celebrasse la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre Natura.
Fra il 5 e il 6 gennaio, Madre Natura, esausta per lo sforzo profuso durante l’anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, elargendo doni, che rappresentavano i semi che sarebbero nati durante l’anno successivo, prima di essere bruciata per far sì che potesse rinascere dalle ceneri nella sembianze di una giovane Madre Natura. La notte del 5 gennaio, oltre che la morte della vecchia Madre Natura, sanciva anche la fine del tempus tremendum degli antichi, una credenza popolare che si basava sul ritorno ciclico dei morti fra la notte fra l’1 e il 2 novembre. Difatti, anticamente, in varie zone della Campania nella notte del 1 novembre, si sistemavano sul tavolo della cucina, per rifocillare il defunto dal viaggio, un bicchiere di vino, uno d’acqua, del pane ed un pezzo di baccalà e, a volte, il dolce chiamato “il pane dei morti”,la notte del 5 gennaio, invece, davanti ad ogni casa c’era una candela accesa, per dare ai morti una lampada, con la quale “Poter andare definitivamente dinanzi a Dio”.
Grazie a Vincenzo Russo per alcune storie (allependicideltifataeoltre.com)