Nell’ istante in cui la mia maschera da subacqueo, per la prima volta, affondò sotto la cerulea superficie marina , mi sembrò di essere Cristoforo Colombo , alla scoperta di un nuovo continente, un nuovo “pianeta” di limpide acque azzurre, di fondali dalla rena candida, di tappeti naturali ovattati e colorati, di erbe fluttuanti e di variopinti abitanti. Questo mi si stava per svelare.
Dai racconti ascoltati nelle mie lunghe notti insonni a guardare le lampare che illuminavano quell’acqua cristallina, avevo già prefigurato ciò che di lì a poco avrei conosciuto.
E fu un giorno, ormai quasi mezzo secolo fa, che decisi, anche se malvolentieri, non ero e non sono un bravo nuotatore, di partire per una rapida quanto ansiosa esplorazione di quel liquido che avevo sempre amato ma del quale nutrivo e mantengo tuttora grande rispetto e timore. Ammirarlo da lontano o da semplice bagnante non mi bastava più, volevo farne parte, anche se per qualche minuto, ero assolutamente affascinato da tutto ciò che mi avevano narrato.
E bastò inoltrarmi per pochi metri, che uno scenario fatto di piccole e morbide, alle volte, ruvide vallate, contornate da grandi scogli levigati, si palesarono al mio sguardo; giacevano lì quasi ad indicarmi la strada verso un altro sconfinato emisfero. Ai miei occhi, cominciarono a presentarsi varie cose in una serie di immagini, la mia maschera era divenuta, ormai, una finestra che incorniciava il mondo subacqueo, mentre il mio corpo era sostenuto dolcemente dal morbido cuscino liquido del mare.
E come se il paesaggio sottomarino non bastasse, ecco subito apparire una intera tavolozza di abitanti del fondo, i pesci, silenziosi dimoranti, padroni di sé, vivaci, persino un po’ incuriositi da questo grande, ai loro occhi, ciclope con le pinne che nuotava in mezzo a loro.
Di pesci ve ne sono tanti, ma questi avevano forma, disegno, movimento e, soprattutto, colore. Le Donzelle, questo il loro nome, si esibivano in un bagno di azzurro vivente, che era di per sé’ una strabiliante esperienza visiva, una intera famiglia di colori: cobalto azzurro, verde pavone, turchese vivo, zaffiro.
Ad un tratto, qualcosa si mosse al margine superiore della finestra. Alzai lo sguardo ed ebbi l ‘impressione che qualcuno avesse sparso sulla superficie del mare un velo di mercurio che, visto dal basso, faceva bolle e grinze sotto la spinta capricciosa delle onde. Appese alla pulsante superficie, come ornamenti pendenti da un soffitto c’ erano cinque o sei sagome immobili che continuavano a fissarmi. Erano sottili siluri, lunghi una ventina di centimetri, di un verde quasi trasparente, con mascelle simili ad un alligatore e pinne cosi arretrate da dare l’impressione che il pesce avesse tentato di lasciarsele dietro…. Barracuda, pensai, no Aguglie mi disse, poi, un esperto .
Continuando la mia primaria esplorazione, con mia grande sorpresa, mi imbattei in una piccola Ciprea, che sulla spiaggia è una graziosa conchiglia, finalmente ai miei occhi era diventata un’ essere vivente.
Ad essa faceva da contorno un mazzo di violacei aghi da calza, un cuscinetto portaspilli, uno spinoso Riccio di mare, se lo tocchi, mi dissero, quegli aculei, ti si spezzano nella carne ed il dolore che proverai nel toglierli potrebbe essere lancinante. Siccome si attaccano alla porosità delle rocce del sottofondo, i Ricci sono sempre li a ricordarti che se ti muovi in un mondo estraneo, devi qualche riguardo ai suoi abitanti. Laggiù, accanto ad una spugna di mare che si chiama “dita di morto”, c’era una forma così immobile che soltanto avvicinandomi, quasi naso a naso, riuscivo a distinguerla. Era lunga circa all’incirca 10 cm, una Castagnola, soltanto gli occhi tondi e lucenti si muovevano, sembrava ansioso passarmi accanto, ma ne aveva timore.
Mentre mi avvicinavo per vederlo meglio, due ombre su quel tappeto naturale presero forma vitale improvvisamente. Una si rivelò uno Scorfano, piccolo ma dagli aculei predominanti sul dorso, pronto a farmeli assaggiare se solo avessi avuto l’ardire di afferrarlo senza alcuna protezione, l’altra era una grossa Murena.
Il primo, veleggiò tranquillo come un tappeto volante, verso acque più profonde e sicure l’altra continuava a fissarmi aprendo e chiudendo la sua vorace bocca, mostrandomi minacciosa i suoi denti affilati.
Mentre osservavo incantato, mi venne in mente, che i pesci hanno personalità e temperamento propri e che il loro mondo, il mondo del silenzio, è spesso molto rumoroso. Certi pesci chiacchierano, altri fanno tale baccano arrotandosi i denti o battendo sulla vescica natatoria, con dei muscoli speciali tali da produrre strane sinfonie.
Ogni pesce sembra creato apposta per vivere in determinati modi o in determinati posti. Accade spesso, soprattutto nei giorni di burrasca, quando le acque sconvolte diventano lattiginose di trovarsi a fianco pattuglie di cefali, o occhiate, tutti nuotano in una specie di splendore bianco azzurro, pieni di muscoli; essi si muovono all’unisono, girando tutti intorno con sguardo sospettoso. Ogni giorno c’ era qualcosa di nuovo da osservare. Il mare dove ha avuto inizio la vita genera tuttora esseri viventi di mille specie diverse, più di qualsiasi altro luogo sulla terra. Ora che conosco il loro mondo non so più distaccarmene.
Continuo a guardarlo attraverso una maschera che è una finestra su di un mondo diverso dal mio, per il quale avrò sempre profondo rispetto: il mare del Cilento (e non solo).
Il video in copertina è tratto dal sito del Museo Vivo del Mare di Pioppi