La storia che vi apprestate a leggere, non esce da una bella penna di un autore di storie romantiche, ma dalla realtà, che in fatto di storie sa come superare di gran lunga ogni più fervida fantasia. E’ una storia d’amore dalla semplicità disarmante, svoltasi quasi 2 secoli fa in uno dei tanti borghi cilentani, dove, una ragazzina appena adolescente sta vivendo i primi timidi batticuore. Martina , o come la chiamavano in famiglia Martinella Fronzuti, era nata a Camella il giorno 12 del mese di novembre del 1872. Camella è una frazione di Perdifumo, ai piedi della Punta della Carpinina. L ’ abitato è formato da poche case in pietra, ancora tutte raccolte intorno all’ unica parrocchia, intitolata a San Nazario, che fu martire con Celso, forse sotto Nerone, e le cui reliquie furono ritrovate a Milano da Sant’ Ambrogio nel 393 d.c.. Paesi agricoli questi nei quali le colture dominanti furono e sono tuttora l’ olivo, la vite, i fichi a cui si aggiungeva l’ allevamento di capre e pecore. Famosa era l’ uva delle soleggiate valli di Camella e di Vatolla per “ la grossezza delle pigne e durezza degli acini, la quale è saporosa oltre modo ed al palato gradevole.
Vi si arriva lasciando il mare a Santa Maria di Castellabate e per 27 chilometri si sale attraverso strade tortuose ma suggestive, fino a Camella con al centro dell’ abitato la pubblica fontana, la quale era così importante che le ruotavano intorno tre rioni: ‘sotto la fontana’ , ‘avanti la fontana’ , ‘vicino la fontana’. Qui venivano le donne a lavare i panni e ad intrecciare promesse d ’ amore. Si sono aperti assai tardi al progresso questi paesi interni del Cilento. Basti pensare che soltanto nel 1936 arrivò l’ acqua, allorché furono captate le sorgenti di Donno Fierro e Fontana Coperta, in territorio di San Mango di Sessa Cilento , e furono costruiti appositi acquedotti per dissetare il comune di Perdifumo le frazioni ed i Comuni limitrofi. A Camella visse Martina, si spegnerà nel 1938 all’ età di 66 anni, scaldata dal ricordo di un solo amore. Vita tranquilla, raccolta, accanto al fratello prete, parroco di San Nazario. Un’ esistenza trascorsa tra le pareti della casa, in una famiglia benestante che aveva radici profonde: un lontano parente, prete anch’ egli, Scipione Fronzuto, aveva accolto, nella chiesa di Perdifumo, il 2 aprile del 1631, l’ abate di Cava Giulio Vecchioni per una visita pastorale e per l’ impartizione della cresima. Non aveva, Martina, frequentato le scuole, non aveva imparato a scrivere ma a leggere sì. La scuola a Camella non v ’ era. Con la Legge Coppino del 1877 soltanto Perdifumo aveva ottenuto la scuola con una sola classe maschile ed una femminile, poiché contava una popolazione di poco superiore ai 500 abitanti, dato che, così come da Legislazione dell’epoca, dava questa possibilità.
Martina, ragazza bellissima, oltre alla quale, la natura prodiga aveva aggiunto una vivace intelligenza e un animo sensibile. Riusciva, essendo analfabeta, a comporre, copiando dall’ alfabeto, a punto a croce delle frasi, così da affidare, le sue pene d’amore a un diario segreto ma ai suoi ricami. Trascorreva molte ore in casa, perché non offriva molto il paese né in fatto di svaghi né di compagnia; pochi erano gli abitanti del borgo e, di uscire per raggiungere la pur vicina Perdifumo, non era certo concesso a una fanciulla di buona famiglia, dai costumi morigerati e tradizionali. Il ricamo sì, le era permesso e col ricamo Martina raccontò la sua storia d ’ amore, riuscendo ad esprimere sentimenti ed emozioni e, con profondità psicologica, l’ evoluzione del suo giovane e sensibile animo. Il suo diario segreto si compone di tre pagine, formate da altrettanti teli di bianco lino d ’Olanda, finemente ricamati e contornati da una bella trina lavorata ad uncinetto10. Sulla tela più grande, lungo il bordo ripiegato, si legge una frase con lettere in filo rosso, il colore classico del punto a croce, ma in questo caso simbolo d ’ amore: “LASCIAI CONFUSA E LANGUIDA DEL VOLTO TUO VIVACE SOLO MI RESTA A FINGERLA MIA PERDUTA PACE PRENDI DA QUESTE MANI CANTITO FASSOLETTO PER PEGNO DELLO AFFETTO TE LO OFFRO AMATO BENE“.
La scrittura è alquanto incerta: alcune lettere risultano rovesciate come la enne e la zeta. Perfino nella firma con la quale Martina conclude il suo pensiero d ’amore v i è qualche incertezza e non mancava qualche errore ortografico: cantito per candido. Di tono diverso è invece il ricamo: all’ imprecisione dello scritto corrisponde una netta precisione dei punti eseguiti. Martinella era nell’ età giusta in cui ogni ragazza apre il cuore all’ amore: perciò gli sguardi del giovane non la lasciano indifferente, anzi la turbano, la confondono. Un dolce languore pervade le sue membra. Uno strano turbamento non le dà pace. Prende ormai consapevolezza di quel che prova e corrisponde al giovane e gli offre, come pegno d ’ amore, un fazzoletto. Purtroppo a questo primo momento di dolci speranze, di ingannevoli illusioni, segue quello dell’ incertezza che rattrista l’ animo: “OVE TI SEI NASCOSTO MIO BENE MI ABB ABANDONATA NEL PIANTO COME UN CERVO TI SEI DATO ALLA FUGA DOPO AVERMI FERITA IL CUORE . ALMA DELL ALMA MIA TU MI CHIEDESTI AMOR IO TI DONAI.”
Forse Martina cominciava ad aver pudore di questo sentimento che col tempo cresceva in lei ma che non trovava eguale rispondenza nell’ uomo. Le parole tracciate rivelano uno stato d ’ animo diverso: tremebonda, si chiede dove il suo amato bene si sia nascosto dopo averla illusa con sguardi invitanti, con un corteggiamento che prometteva amore e chiedeva d ’ essere ricambiato. Con la rapidità d ’ un cervo s’ è dato alla fuga, lasciando nel cuore di Martina una ferita che brucia. Piange, perché non sa dove egli si sia nascosto ma non inveisce, lo chiama cervo, simbolo d ’ amore, e, più accoratamente alma dell’alma , a cui ha donato tutto l’ affetto. Si dibatte nell’ incertezza Martina. Soffre ma … forse… spera ancora. Ed ecco il terzo momento di questa romantica e malinconica storia: su un terzo telo) si legge, su di un altro ricamo, sempre con lettere specchiate: “PARLAMI PUÒ SINCERO CHE SON COSTATE E NON AI E PIU GRAN TORM S HOH T OHO E DELL O DEL TEMER SE A PIU FELICE AMAHTE DI ME DO HASTI IL CORE IL HOH AVER RESSE R • M.F.”
Le lacrime non sono servite a consolare Martina, a rasserenarne l’ animo tormentato dal dubbio che vi sia un’ altra. Perciò supplica l’amato d’esser sincero, di avere il coraggio di chiarire la ragione del suo allontanarsi. L’ambascia che le stringe il cuore è tale da farle lasciare incompleta l’ ultima parola. Ed appone rapidamente la firma siglata M.F. come a voler mettere la parola fine a una vicenda triste che l’ ha illusa con la promessa d’ una felicità appena intravista e poi svanita.
Tratto da: “Annali Principato Citra” – Angela Tortorella Bracco “Da un cassettone dell’800 una romantica storia d’amore”