Mai come quest’anno la ricerca sull’immunoterapia contro il cancro e la ricerca sui vaccini antitumorali MRNA è stata così vivace. E l’Italia – si legge in una nota dell’IRCCS Fondazione Pascale – gioca qui un ruolo di primo piano. Il nostro Paese, infatti, grazie all’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli è il primo in Italia (e tra i primi al mondo) ad aver avviato lo studio clinico di fase III del vaccino anti-cancro a mRNA di Moderna nei pazienti con melanoma. È proprio il Pascale a fare da apripista nell’ultimo step prima che il vaccino possa essere autorizzato dalle autorità regolatorie. Ad oggi, inoltre, ci sono ben 70 farmaci immunoterapici allo studio, sia in fase preclinica (su sperimentazioni non umane) che in fase clinica, e solo in Italia si contano circa 200 studi clinici in corso, di cui 51 con arruolamento attivo, che rappresentano a tutti gli effetti una nuova opportunità terapeutica per i pazienti. A fare il punto sulle ultime novità in un settore in continua evoluzione sono i massimi esperti mondiali di immunoncologia che sono riuniti a Napoli in occasione della nona edizione dell’Immotherapy e Melanoma Bridge che si chiude domani.
“L’immunoterapia rappresenta la rivoluzione più importante negli ultimi 10 anni in campo oncologico – dichiara Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli -. Abbiamo iniziato con il melanoma e ora molti farmaci, come i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari, vengono utilizzati contro altri tipi di tumore, come quello del rene, della vescica e del polmoni. Con molta probabilità avverrà la stessa cosa per il vaccini a mRNA: cominceremo con il melanoma per poi estenderne l’utilizzo contro altre forme di cancro”.
Poche settimane fa, proprio al Pascale di Napoli, è iniziato l’ultimo step per il percorso approvativo del vaccino, con l’arruolamento dei pazienti con diagnosi di melanoma radicalmente operato. “Il vaccino si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid – spiega Ascierto -, cioè utilizzano mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellula malate.
Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficamente il tumore”. I dati a due anni dalla somministrazione di questo vaccino mostrano una riduzione del rischio di recidiva o morte del 44% in chi lo ha ricevuto in combinazione con un noto farmaco immunoterapico, il pembrolizumab. “Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati di quest’ultima fase dello studio clinico – precisa Ascierto -. La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”. Nel frattempo, si stima che nel mondo ci siano oltre 40 vaccini anti-cancro a mRNA allo studio, mentre continuano ad aumentare le nuove indicazioni per farmaci immunoterapici già in uso. “Come ad esempio il pembrolizumab, anticorpo monoclonale anti PD-1, mirato cioè a uno dei freni del sistema immunitario, prima approvato per il melanoma e a settembre scorso autorizzato come trattamento per il tumore del rene metastatico, per il tumore della mammella triplo negativo metastatico e perioeperatorio, per quello dell’endometrio e della cervice uterina avanzati, del carcinoma dell’esofago e di alcuni tumori gastrici e del colon – evidenzia Ascierto -.
Esistono anche combinazioni di immunoterapici come nel caso di nivolumab e ipilimumab approvati e rimborsati dal Servizio sanitario nazionale dal 2022 per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, del tumore del rene avanzato in prima linea di trattamento, nel tumore dell’esofago avanzato a progressione chemioterapica, nel mesotelioma pleurico in prima linea e in alcuni tumori del colon-retto. Abbiamo avuto inoltre l’approvazione dell’utilizzo di anticorpi bispecifici come il tebentafusp nei pazienti con diagnosi di melanoma dell’uvea metastatico o non resecabile che presentano un particolare antigene“.
Il settore dell’immunoncologia è dunque in continua evoluzione, anche grazie al crescente interesse da parte delle aziende farmaceutiche che ne hanno “fiutato” le potenzialità.
Secondo un report redatto dall’Allied Market Research, nel 2020 il valore del mercato globale dell’immunoterapia contro il cancro è stato stimato in 85,6 miliardi di dollari, ma si prevede che raggiungerà i 309,67 miliardi di dollari entro il 2030. “Ad oggi l’immunoterapia è una delle migliori e più promettenti armi che abbiamo a disposizione contro il cancro, che ha già salvato milioni di vite – conclude Ascierto -. È necessario dunque continuare a investire nella ricerca: per molti pazienti con melanoma l’immunoterapia ha fatto la differenza tra la vita e la morte. Ma sono convinto che abbiamo appena iniziato a grattare la superficie”.