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Ruggero Cappuccio ospite della sezione “Impact” di Giffoni 50

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L’arte? È garanzia di libertà perché potenzia l’immaginazione. Parola di Ruggero Cappuccio, scrittore, regista e drammaturgo, ospite della sezione Impact di Giffoni50. Il nastro della memoria si riavvolge: la laurea in Lettere, i primi anni da prof a soli ventidue anni, poi il colpo di fulmine con il mondo del teatro e, più in generale, con quel caleidoscopio che rappresenta la parola nelle sue mille sfaccettature.

“L’arte ha uno strano compito – ha spiegato Cappuccio – quello di dimostrare scientificamente le cose che non sono mai accadute. Sembrerà un paradosso, una contraddizione, eppure i prodotti di fantasia determinano un sentimento. Perché la storia è inventata, ma si inserisce nel perimetro di quelli che sono i vostri sentimenti”. E lo stadio dei sentimenti è il processo più maturo che segna l’evoluzione umana. “Quando nasciamo siamo fortemente legati alle pulsioni. Poi ci affacciamo sul mondo delle emozioni e ancora dopo arriviamo ai sentimenti, che non sono dotazioni prenatali, ma un percorso di costruzione dettato da mille fattori – ha continuato – Un giapponese non si innamorerà mai come un polacco. Chi ha letto Il rosso e il nero di Stendhal si innamorerà in maniera diversa rispetto a chi non lo ha mai letto”.

Lo stesso accade anche nel cinema, con il vissuto esperienziale che ognuno di noi porta dentro prima di entrare in sala. “Prendiamo la scena finale di Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore – ha ricordato Cappuccio – La sequenza dei baci è la personalissima grammatica sentimentale del regista, sono i baci a tutti gli attori che ha amato. Oggi, purtroppo, non c’è chi nel mondo sia preposto alla costruzione sentimentale e dunque corriamo il rischio di lasciare il campo libero alle pulsioni”. Anche per questo l’arte è salvifica: “Si muove in maniera completamente diversa rispetto alla psicoanalisi. In entrambi i casi c’è una relazione con la materia onirica, ma mentre l’analista fa un lavoro di interpretazione dei sogni, il cinema parte da una visione, che è il primo nucleo della storia. Chi ha quella visione chiama intorno a sé degli attori, chiedendo loro di sognare quel sogno. E anche di fronte al prodotto finale, al pubblico viene chiesto di risognare quel sogno. Quindi l’arte procede per addizioni oniriche e questo segna il suo essere garanzia di libertà. Ecco perché ho scelto di seguire questa strada”.

Presente, passato e futuro, sono concetti labili, “come potrebbero testimoniare Parmenide e Zenone”. E chi vive d’arte e di seduzioni, lo sa bene. Cappuccio ha citato la lezione di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il suo rapporto con l’allievo geniale Francesco Orlando, la pioggia raccontata da Conrad capace di durare cinquant’anni e quella polvere di cui è intriso il Gattopardo che ha il sapore dell’eternità. Parole intense, le sue, che hanno incantato la platea dei giffoner. “Io e Claudio Gubitosi eravamo gli unici due pazzi in Italia a non voler mollare i nostri progetti – ha poi concluso – Il mio Napoli Teatro Festival è andato benissimo: dopo undici minuti dall’inizio delle vendite on line eravamo sold out, segno che le persone avevano sete di cultura. In uno dei periodi più neri per la storia dell’umanità, nei campi di concentramento si suonava e quella musica aiutava lo spirito a sopportare il dolore. E dalla cultura si deve ripartire, sempre, in particolare nelle difficoltà, anche se con le dovute cautele, come vedo fare qui a Giffoni”.

Per Cappuccio il Festival “è un modello esportabile perché punta sui sentimenti. Giffoni è una costruzione sentimentale, una piattaforma di reazione alle imposizioni. Qui si coltiva il miglioramento e farlo significa coltivare la libertà”. Il drammaturgo non ha nascosto perplessità su come la politica stia continuando ad affrontare l’emergenza sanitaria: “Non si capisce perché su un aereo posso sedermi gomito a gomito con uno sconosciuto, mentre in un teatro debbano esserci tutti questi paletti. Purtroppo il nostro è uno dei settori più colpiti e servirebbe una legge quadro”. Un progetto che vede concorde anche il fondatore e direttore di Giffoni Opportunity Claudio Gubitosi: “Ci accomuna il coraggio. Siamo due direttori di “ascolto”, nel senso di essere capaci di ascoltare. E questa è la base per creare insieme”.

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