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Sequenziato il Dna di un abitante dell’antica Pompei

“Ogni dato in più che risulta dalle indagini è un’importante conquista per la ricerca scientifica che contribuisce a completare il quadro storico di un’epoca e di una civiltà. È frutto di collaborazioni interdisciplinari, di un lavoro di squadra lungo e paziente, che necessita anche di una volontà comune di divulgare notizie rigorose, evitando facili protagonismi che possono rendere fuorviante l’informazione. Il parco archeologico di Pompei è campo privilegiato di sperimentazione di tali studi ed è il detentore dei conseguenti risultati che, raccolti e comparati, sono in grado di assicurare una comunicazione corretta della ricerca archeologica, antropologica e in generale scientifica”.

Così il direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel in merito alle recenti notizie sulla rilevazione del dna di un abitante di Pompei che – spiega una nota – si inseriscono all’interno di un più ampio filone di studi, condotto dal Parco archeologico di Pompei che da anni lavora – anche con il contributo di università e istituti scientifici – ad una mappatura di tutto il dna disponibile, riservandosi di diffondere tali risultati quando il quadro sarà completo e scientificamente esaustivo.

Il dna degli abitanti di Pompei – prosegue la nota – viene estratto dal 1998, profilandosi come uno dei più radicati ambiti di analisi scientifica nel sito. Non si può parlare dunque di una ‘prima mappa del dna’ emersa ora, ma di un tassello di una ricerca di lungo corso che andrà ad integrare un quadro molto più vasto ed esauriente. Lo studio recente ha un suo punto di forza nell’individuazione per via genetica di una vistosa patologia, la tubercolosi, già rilevata autopticamente, sebbene l’individuo in esame abbia permesso l’estrazione di un genoma al 33%, quindi non completo. Il soggetto in studio, essendo stato scavato nel 1934 ed essendo rimasto a lungo esposto, presenta percentuali di un dna endogeno inferiori agli standard che si rilevano nella mappatura strutturata e ragionata ancora in corso.

Questa monumentale mappatura genetica che interessa l’intera popolazione pompeiana, avviata dal 2015, è in corso a cura del Parco con la collaborazione dell’Università di Firenze, con il fine di avere un vero e proprio ritratto di una popolazione di epoca imperiale. Questo progetto nasce dalla consapevolezza che il deposito vulcanico ha agito come “guscio” sui resti dei pompeiani, di fatto evitando che venissero “inquinati” da fattori esterni. L’ambizioso progetto ha portato alla vincita di un Prin finanziato per 800mila euro, dal titolo “Pompeii molecular portrait”.

Già in passato, lo studio del dna di vittime dell’eruzione del 79 d.C. ha portato a risultati importanti, a volte sorprendenti. Per esempio le analisi sui calchi del gruppo di un presunto nucleo familiare, rifugiatosi nella casa del Bracciale d’Oro, hanno rivelato – conclude la nota – che lo stesso era composto da due adulti e due bambini di sesso maschile, ma privi di rapporti di parentela genetica.

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Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno, non è pertanto un articolo prodotto dalla nostra redazione ma è a cura di "Agenzia Dire"

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