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Covid, ecco il vaccino italiano a DNA: «Più efficace, facilmente modificabile per le varianti»

L’attenzione mediatica sui vaccini per COVID-19 sta oscurando i progressi più limitati nello sviluppo di farmaci per combattere l’infezione e l’insorgenza di conseguenze gravi per l’organismo. Attualmente sono disponibili solo due molecole e altre sono ancora in fase sperimentale, non solo per Sars-Cov-2 ma anche per altri coronavirus che potrebbero minacciarci in futuro. A un anno dall’inizio della pandemia di COVID-19, all’orizzonte si vedono barlumi di speranza. I vaccini stanno arrivando, anche se in misura minore da quanto preventivato, e la percentuale di decessi è diminuita in molti luoghi perché i medici hanno imparato a salvare i pazienti più gravi.

Ma questi successi non sono sufficienti e fanno passare in secondo piano i progressi più limitati nello sviluppo di farmaci che potrebbero prevenire il peggioramento di casi lievi della malattia. Tali trattamenti sono necessari con urgenza perché molte persone continueranno ad ammalarsi di COVID-19 finché i vaccini non indurranno nella popolazione un’immunità sufficiente a tenere sotto controllo le infezioni. E’ il caso dello studio che si sta effettuando presso l’ IRCCS fondazione Pascale, dove, come viene riportato sul sito  orticalab.it  dove il Prof. Gerardo Botti, direttore scientifico dell’Istituto è nel Cts, insieme a Paolo Ascierto e Franco Maria Buonaguro commentano: «Già testato su un uomo, ad ottobre pronti a partire sulla popolazione. Il vantaggio di aver cominciato dopo è che abbiamo imparato dai difetti degli altri».

Riportiamo, integralmente, l’interessante intervista di Flavio Coppola al Prof. Gerardo Botti, per il giornale on-line orticalab.it.

Professor Gerardo Botti, direttore scientifico del celebre istituto “Pascale” di Napoli, ad un anno dall’esplosione della pandemia, siamo ancora nel pieno della crisi sanitaria. Sono arrivati i primi vaccini, ma la sensazione è che ci vorrà ancora molto per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge. Ed è alle porte una terza ondata. – «Devo dire che in Campania, dal punto di vista organizzativo, non possiamo lamentarci. In base alle unità di vaccino ricevute abbiamo, messo in campo tutto ciò che rientrava nelle nostre possibilità. Per quanto riguarda la terza ondata, possiamo dire che, sulla base dell’andamento epidemiologico, è evidente che i contagi siano in risalita. Ma per sapere se sia davvero un’ altra ondata bisogna aspettare ancora tre settimane».

Il vero problema, in questa fase, è chiaramente la scarsità delle dosi. La buona notizia viene proprio dal “Pascale”, che sta lavorando in prima linea al cosiddetto vaccino italiano. Di che si tratta? – «Si tratta di un vaccino che nasce dalla collaborazione con le case farmaceutiche “Takis”, laziale, e “Rottapharm biotec”, emiliana. Il “Pascale” ci lavora con me e con i colleghi Franco Maria Buonaguro e Paolo Ascierto. Siamo stati nel comitato scientifico che si è fatto garante della produzione del vaccino. Per la fase operativa, con il laboratorio della “Takis”, hanno collaborato gli sperimentatori di Ascierto e Buonaguro. Ci siamo, insomma, sia come proponenti che come fautori. Ma hanno partecipato alla parte organizzativa e al cts anche i ricercatori dello “Spallanzani”. E sarà un vaccino diverso dagli altri».

Il “Pascale” in questa iniziativa c’è sia come proponente che come fautore. Siamo in prima linea. In che senso? – «Come saprà, esistono tre tipi di vaccini, a rna a dna e proteici. Nel nostro caso, si tratta di un frammento di dna, che una volta penetrato all’interno dell’organismo, produce un facsimile della proteina “spike”, quella che il virus utilizza per entrare nelle cellule del nostro organismo. Una volta prodotta, si ha una risposta immunitaria che, rispetto agli altri vaccini, è molto forte. Questo facsimile è costituito da anticorpi neutralizzanti e linfociti specifici che, in genere, rappresentano la cosiddetta risposta cellulomediata. E’ una risposta più spiccata degli altri vaccini fino ad oggi impiegati. Ma ci saranno anche molti altri vantaggi».

Quali? – «Innanzitutto, la via di somministrazione è diversa. Si tratterà di una siringa intramuscolare, ma con l’ausilio di un piccolo campo elettrico. E’ il meccanismo alla base dell’elettroporazione, che, adattato alla sede dell’iniezione, permette una maggiore diffusione del vaccino nelle cellule. Questo favorisce la penetrazione nelle membrane cellulari del frammento di dna che somministriamo. Automaticamente, si produrrà prima la proteina spike per la risposta del paziente. Quindi la temperatura».

Anche questo aspetto, in particolare per il vaccino Pfizer, è cruciale. – «Esatto. In questo caso il vaccino è stabile a temperatura ambiente. Non ha bisogno della catena del freddo di Pfizer, né degli altri vaccini in circolazione. Immaginiamoci i vantaggi durante la fase della distribuzione. Avere un avaccino stabile a temperatura ambiente darà un contributo importantissimo. Inoltre, questo vaccino potrà essere iniettato più volte nella vita. Questo perchè l’immunità può modificarsi nel tempo».

Siamo al tema cruciale delle varianti. – «Questo vaccino lo possiamo modificare ogni volta a seconda di quelle emergenti. Sappiamo benissimo che, già oggi, non sappiamo se i vaccini in circolazione siano efficaci contro le nuove varianti. In questo caso, il problema verrà superato. La modifica sarà più semplice e più efficace. Pensiamo all’importanza di tutto questo oggi, con la variante inglese che si diffonde rapidamente e i vaccini che non rispondono tutti allo stesso modo».

La possibilità di modificare il vaccino sarà importantissima per sconfiggere le diverse varianti del Covid. Si parla spesso anche di efficacia e di percentuali su questo parametro. In questo caso? – «Dalla sperimentazione animale effettuata per comprendere la topografia della risposta immunitaria, si è scoperto che il vaccino italiano da un’alta concentrazione di anticorpi neutralizzanti contro il virus nei polmoni. Se pensiamo che il vulnus clinico del Covid è la polmonite bilaterale, avere un’alta concentrazione antivirus nei polmoni ci proteggerà dalla parte più pericolosa dell’infezione. In generale, l’altro vantaggio è che, esendo partiti dopo, abbiamo avuto modo di studiare gli effetti delle altre vaccinazioni negli esseri umani e di capire i vantaggi tecnologici da poter sfruttare nella pratica clinica».

E la tempistica per cominciare con le somministrazioni? – «Siamo molto avanti, abbiamo completato lo studio di fase 3. Abbiamo appena vaccinato il primo paziente, un dipendente dell’ospedale di Monza. Credo che ci vorranno altri 3 mesi per l’autorizzazione dell’Aifa e partiremo certamente per ottobre. Non c’è dubbio sul fatto che per quella data non avremo vaccinato l’intera popolazione».

Una possibile svolta, dunque, dal Sud e dalla Campania? – «Ancora una volta, direi che la vocazione alla ricerca dei nostri viene sottolineata in un campo. Anche in un campo non squisitamente oncologico come quello che sarebbe di nostro riferimento». Grazie professore.

Intervista a Cura di Flavio Coppola

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