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venerdì, 29 Marzo 2024
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La persona importante nel Cilento, il “capardòzio”

Capardòzio: sostantivo maschile singolare del dialetto cilentano, penso comune anche ad altri dialetti meridionali, sicuramente attestato almeno nel Molise.
Il termine non ha un omologo vocabolo in italiano ed ha una carica rappresentativa soprattutto nella cultura e nell’antropologia meridionale.

La parola si inserisce nel contesto particolare di soggezione con cui il cilentano vede, descrive e, in qualche misura, subisce il potere. “Capardòzio” è il termine con cui il cilentano, non troppo acculturato o semianalfabeta, indica confusamente una persona che occupa in genere una posizione di potere senza, però, che sia in grado di precisarne e definirne ruolo e funzioni in un fantomatico organigramma gerarchico.

Nella parola è intrinseca proprio la vaghezza e indeterminatezza nella descrizione inconsapevole del soggetto al quale il cilentano umile attribuisce questo potere elitario.

Può identificarsi in un politico, ma più spesso è un funzionario dell’apparato burocratico, un ufficiale, un sovrintendente, un dirigente, un ministeriale, un generale, insomma qualcuno che è comunque detentore di un potere di decidere, di selezionare, di firmare un provvedimento, e di decidere anche della carriera e del destino lavorativo altrui.

Può indicare anche qualcuno da riverire per la posizione che occupa o quantomeno per non temerne ritorsioni.
Il contesto in cui viene utilizzato il termine, o in cui l’ho sentito pronunciare, è quello in cui il “capardòzio” è visto come appartenente ad una categoria di eletti, o persona che può tornare utile, per una raccomandazione o per qualsiasi altra utilità (“Sàccio quànda supersàte e crapètti purtài a Nàpuli addò chìro capardòzio pp’u trasferimento re fìglimo”).

Non di rado si possono ascoltare odissee di anziani genitori che, pur avendo appena la seconda elementare, siano stati in grado di muoversi con arguzia nella complessa rete della burocrazia, alla ricerca del “capardòzio” di turno, per perorare una raccomandazione, un’assunzione, un trasferimento, una promozione per un figlio, armandosi di caciotte e prodotti ortofrutticoli (almeno quando la vicenda non abbisognava di altre sostanze).

Il “capardòzio” è, quindi un soggetto anonimo che, agli occhi del cilentano portatore di una cultura contadina, retaggio di una secolare sudditanza, interpreta il ruolo del “potente” su una scena in cui agisce, di contro, dalla parte opposta, una maggioranza di “semplici” e di “ultimi” che cercano di arrangiarsi

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