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Il Cilentano non inciampa, ‘ntròppeca

‘Ntroppecà, verbo del dialetto cilentano, diffuso anche nella lingua napoletana, traducibile con “inciampare”, “incespicare”, “intruppare”, “fare capitombolo”. Spiega un’azione che interrompe o altera un incedere che si vorrebbe lineare, limpido, e mirato ad una destinazione (“caminàva pulìto pulìto ppè la scèsa, quànno puòzzi ‘ntruppecà ‘mbacci ‘nu peshkòne!”).

Indica anche l’azione maldestra di chi inciampi e rovini per terra a causa di sconnessione e disarticolazione degliarti inferiori, o per aver messo in malo modo un piede (“currìa apprièsso a’ la pàdda, scartaò tre-quatto iucatùri, e puro u’ purtièri, ma po’ a porta vuòta, ‘ntruppecào ra sùlo”).
Oltre, però, all’azione fisica e materiale dell’inciampo che fa cadere o rotolare, per estensione indica anche altre condotte che si connotano per deviazione, limite, ostacolo. Può consistere, ad esempio, in una difficoltà di linguaggio (“come me verètte, oh!, ‘ntruppecào a parlà!”). Può essere anche un limite nell’apprendimento (“Aviètti mannà a fìglimo a ripetizione privata ca ‘ntruppecàva in matematica”, oppure “E che t’aggia rice, cumpàri mio, vole fà u’ sindaco, face u’ prussòre, ma chìro ‘ntròppeca puro a lègge”).

In questo senso esprime, in senso figurato, l’incerto, l’inabilità, l’imperfezione, l’intoppo, il maldestro, l’imperizia, l’imprevisto in una sequenza o fase.
Per quanto riguarda l’etimo, rientra probabilmente nel novero di quelle tantissime parole di derivazione greca, con il solito dilemma che si accompagna in questa indagine: residuo linguistico della Magna Grecia o, invece, relitto della lingua parlata dai monaci d’oriente che fondarono cenobi in Cilento e, via via, i paesi d’intorno?

Si può ipotizzare una derivazione dal greco antico “ανα-τρέπω” (anatrèpo) che vuol dire “rovescio”, “scivolo”, “cado”. In greco esiste anche il sostantivo “τροπή” (tropè) che sta per “rovesciamento”, “ribaltamento”, compatibili con il significato di ‘ntroppecàre.

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