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giovedì, 28 Marzo 2024
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L’ Accademia della Vrenna analizza “Spataccià”

Verbo del dialetto cilentano, qui nella forma contratta all’infinito, che non ha un termine corrispondente nella lingua italiana. Indica la condotta di chi si prodighi in sproloqui specie contro un qualcuno ben individuato, a ruota libera, senza freni, in modo agitato spesso in assenza dell’accusato e al cospetto di uno o più interlocutori dinanzi ai quali l’accusatore esprime la sua rabbia.

Lo “spatacciàre” è la dichiarazione, contro qualcuno, di una somma di rivendicazioni, quasi in forma di elenco, la manifestazione convulsa di accuse, non di rado scomposte e dettate dall’ira, dal rancore, dal risentimento.

Spesso è un discorso improvvisato, non programmato, spontaneo, e per questo espressione genuina di un rancore e di un’angoscia personali che l’accusatore scarica quasi con un effetto liberatorio, come reazione all’assillo del torto ingiusto e covato in silenzio o per gridare al mondo di che pasta sarebbe quel suo nemico (“Me sò truàto nnànti au bàr e sentìa a Nicòla ca facìa carti, nge l’avìa contro a Mìnico c’avìa prumìso u’ posto au figlio, ancora è ddà ca spatàccèia”; “Mamma mia, e come spatacciàva contro au viènniro c’avia lassàto ‘a figlia e senn’era scappàto cu n’ucraìna”).

Per quanto riguarda l’etimo, si può supporre una derivazione dal verbo greco “spatìzo” (“σπαθιζω”) che vuol dire “agito, rimescolo con la spatola”. Essendo la “spatola” uno strumento per tessere, lo “spatacciàre” potrebbe indicare la condotta di chi si prefigga di “ricamare” il nemico ricostruendone e mettendone in risalto gli aspetti negativi, come a ricamarlo, appunto, con accuse diffamanti. Il verbo greco “spatìzo” evoca anche l’uso della “spada”: infatti, significa anche “gioco con la spada”, il che parrebbe evocare l’immagine di chi, con le parole accese, assuma di simulare contro il suo nemico l’azione di infierirvi con un’arma, una spada o coltello, tanto che l’eloquio esagitato, serrato e scomposto parrebbe riprodurre il clangore metallico di un agitare di spada contro un bersaglio.

Tra le altre ipotesi percorribili sull’etimo, vi potrebbe essere anche quella che evoca lo “sbatacchiare”, l’azione dello sbatacchio delle campane, atteso che in alcun luoghi del Cilento si usa anche “sbatacciàre”, il che sarebbe comunque in linea con un significato in cui emergano il fragore e il clamore dello sproloquio.

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